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Attualità domenica 04 luglio 2021 ore 07:12

​Corso Italia, lato depressione

Corso Italia (Foto di Riccardo Marchionni)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Corso Italia, lato depressione" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — Non ci sono più le macchine da scrivere di Boggero che fanno tic-tac mentre imbocchi via del Gelsomino, non c’è più l’angolo di via Giusti a noleggiare sogni e cassette di finta celluloide. Non c’è più l’edicola del Terzi piena zeppa di fumetti, ritagliata in un pertugio di fondo, un anfratto di negozio che mi pareva immenso. Corso Italia, lato depressione, ormai la chiamo così, è il suo nuovo nome, pure se l’ho conosciuta viva, tra edicole e bar, barbieri e lattai, pizzerie e giochi elettronici, angoli di sogni. Non c’è più Stefano a intrattener massaie nel suo macello, con battute toscane e barzellette, resta pur sempre un macello con la stessa insegna, proprio accanto a un kebabbaro arrivato tempo fa da Istanbul. Resta un forno, non lo stesso d’un tempo, ma al solito posto, il pane è buono, la schiaccia pure, la fanno anche di colori strani, dicono che sia per sperimentare. Resta la Pizzeria Il Pomodoro con la torta di ceci cotta in un grande forno a legna che mi fa tornare alla memoria pomeriggi infiniti di mezzo secolo fa. Tutto il resto è scomparso, invece.

Ricordo il lattaio con una tanica ricolma di liquido denso, uno strato sottile di panna, che mi faceva gola, ogni volta che venivo a prendere il latte con le bottiglie di vetro strette in mano. Rammento quel profumo intriso di formaggio cagliato e dolcissimo gelato, sogni a occhi aperti di caramelle al miele, giorni in bianco e nero di quando correvo lungo una strada che sembrava il mondo. Il Centro Sociale Coop, la sala giochi impossibile, con biliardini e flipper, ping-pong e bowling, la caccia grossa a un pupazzo d’orso che se lo colpivi faceva versi strani, suoni gutturali. I primi videogiochi artigianali, geometrici e spartani, triangolini che vagavano nello spazio nero d’uno schermo per sfracellarsi su enormi rocce, parodie di razzi che si scontravano con assurdi meteoriti. E il nonno che ti cambiava le mille lire di carta con gettoni di ferro e controllava che tu rispettassi le regole. La palestra dove giocavamo a mini basket, la sala riunioni e poi la biblioteca, ricordo di cultura popolare, una fissa del vecchio partito comunista, al tempo un uomo che leggeva valeva più di un altro. Corso Italia lato depressione, quella che un tempo non c’era, pur nella miseria, quella che non portava ad abbassar serrande di negozi inutili, serviva pure un giocattolaio, un ciottolaio, un appaltino per la Sisal, come mio padre chiamava il Totocalcio. Qualcosa resiste ancora, sotto assedio, ma resiste. Il negozio Sale & Tabacchi del Tommei, stessa vetrina di cinquant’anni fa, dentro non è più lo stesso, è cambiata l’anima. Resiste ma sconta l’assenza del Bar Nedo, dei tifosi interisti, dei tornei estivi, del venditore di polpo, dei vecchietti bevitori di vino rosso a gotti, bestemmiatori di speranze perdute. Corso Italia lato depressione, lato città futura, lato acciaieria, che non c’è più neppure quella e mica te lo so dire se sia un bene o un male. Lato città perduta, nei sogni dei poeti estinti, tra venditori esotici africani e rintocchi di finti minareti. Resiste Murro con vecchi materassi a saldo, resiste un barbiere, non so per quanto. Scomparso il Bar Imperia, sparito il forno del Bonanni in vicolo Rosa, dove troppo tempo fa incontrai un libro - Cinquant’anni in nerazzurro - e scoprii che il fornaio aveva giocato nel Piombino, nel frattempo ci compravo pane basso e schiaccia salata, adesso resta solo una moschea. Spariti i pregiati costumi di Sonia, ricercati dalle ragazzine maliziose degli anni Ottanta per far bella figura al mare. Scomparsi i piccoli negozi gestiti da vecchie signore dai grandi occhi stupefatti che sembravano venditrici d’illusioni, come in un racconto di Zelli. Restano soltanto i ricordi. E noi viviamo con loro.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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