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Attualità lunedì 09 maggio 2022 ore 14:36

Demolizione altoforno, tra indifferenza e memoria

Il Manifesto per la cultura: “Per il Codice dei beni culturali e del paesaggio, le cose che riguardano la storia dell’industria sono beni culturali”



PIOMBINO — La notizia della decisione da parte di Jsw di demolire l’altoforno, oltre a indignare i sindacati per il mancato impiego di manodopera locale, ha suscitato una recriminazione da parte del Manifesto della cultura preoccupato per la demolizione dell’ultima testimonianza della produzione dell’acciaio a ciclo integrale a Piombino.

“Una demolizione che è frutto della profonda crisi produttiva, aggravata da una gestione dello stabilimento tesa al profitto immediato e senza alcun piano industriale, da parte delle multinazionali che si sono susseguite dal 2005 a oggi. Di fatto si tratta di un ulteriore ‘crimine contro la cultura di un territorio’, per usare le parole di Ivan Tognarini che nel corso della sua vita e di attività di studioso e docente ha portato avanti una battaglia importante per la salvaguardia del nostro immenso patrimonio industriale”, hanno spiegato.

“Secondo l’art. 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le cose mobili e immobili che riguardano la storia dell’industria sono considerati beni culturali. Dunque i siti industriali fanno parte a pieno titolo del nostro patrimonio culturale. - hanno proseguito - Dopo la demolizione dell’Afo3 nei primi anni ’90 e dell’Afo1 nel 2008, la demolizione dell’ultimo altoforno a Piombino, costruito nel 1978 in sostituzione dell’Afo1, sarebbe un nuovo crimine culturale. Prima della demolizione dell’Afo1, per evitare la scomparsa di ogni traccia e di ogni testimonianza, fu realizzata almeno una ricostruzione analitica del processo siderurgico nelle sue diverse fasi e un rilievo dell’impianto con strumenti laser tridimensionali. Un progetto memoria che avrebbe dovuto trovare posto in un Centro di documentazione sulla storia della siderurgia originariamente previsto nelle officine dell’ex Ipsia in Cittadella dove raccogliere e conservare il patrimonio archivistico e documentario, ma anche diffondere e promuovere conoscenze al più vasto bacino di utenza possibile, un progetto anche questo caduto nel dimenticatoio. Ora la notizia di questa ulteriore demolizione, senza alcun tentativo di recupero anche parziale, sembra passare inosservata, nella quasi generale indifferenza di chi dovrebbe avere a cuore la crescita del territorio anche attraverso la conservazione e la valorizzazione del suo patrimonio industriale, una ricchezza che non è solo memoria, ma anche futuro come dimostrano le esperienze di valorizzazione, anche vicine a noi come il Magma di Follonica”.

“Pensare alla riconversione polifunzionale di edifici dismessi attraverso le opportune bonifiche delle aree non utilizzate; realizzare un Centro di documentazione sulla storia della siderurgia, valorizzando quel grande lavoro di recupero dell’archivio industriale delle Acciaierie di Piombino portato a compimento nel 2019 dall’Archivio storico comunale insieme alla Soprintendenza archivistica della Toscana; conservare la memoria degli impianti; recuperare edifici urbani legati alla storia della città industriale creando veri e propri itinerari e connettendo l’area industriale con quella urbana. Questi appena elencati sono progetti che possono consentire il rinnovamento di un territorio, senza porsi in antitesi con la continuazione dell’attività produttiva, ma che al contrario possono aprire nuovi spazi di rilettura e di riqualificazione complessiva, per un comune obiettivo di rinascita anche economica e sociale”, hanno concluso.


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