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Attualità domenica 06 giugno 2021 ore 08:32

Una piombinese che ha attraversato un secolo

​Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi raccoglie il ricordo di Liviana Bartalini dedicato a Maria Rocchi



PIOMBINO — Questa settimana diamo spazio a una storia che narra molte altre storie, perché si tratta della vita di una nostra concittadina che ha attraversato un secolo. Maria Rocchi sarebbe dovuta campare pochissimo, invece ha contraddetto ogni aspettativa. La nipote Liviana Bartalini racconta la sua storia ed è una narrazione intensa, una sorta di omaggio d’amore. Come molti abitanti di Piombino, Maria viene dall’Elba, si stabilisce in continente, si accorge subito di non essere arrivata in Paradiso, la campagna basta appena per campare con il lavoro a mezzadria. Poi il matrimonio, le vicissitudini di un’esistenza che l’ha portata a sfogliare quasi 103 primavere, tra sorrisi, sofferenze, gioie, dolori e ricordi. Abbiamo delle foto - con il figlio, la nipote, la bisnipote e il pronipote. L’ultima foto la ritrae al compimento dei 102 anni (5 marzo 2016, ultimo festeggiato, è venuta a mancare a ottobre). Nella foto con la torta ci sono le figlie.

Riportiamo integralmente il ricordo scritto da Liviana Bartalini:

Maria nasce nel Marzo 1914 all’Isola d’Elba, precisamente a Marina di Campo. Sua mamma Clelia era già in età avanzata; per quell’epoca a 36 anni una donna avrebbe dovuto essere madre già da tempo. Maria dunque nasce all’alba e siccome ero talmente piccola da stare dentro una scatola da scarpe il babbo e la levatrice appena fece giorno chiamarono il parroco del paese affinché la battezzasse velocemente sospettando che la piccina non sarebbe sopravvissuta che poche ore. Invece Maria fu la forza fatta persona. Cresceva forte e tranquilla, già da grandicella aiutava la mamma in quella poca arida terra che confinava con la casa fatta soprattutto di vigna. Babbo Armando saltuariamente lavorava in qua e là, soldi non ne portava a casa, ma in compenso qualcosa da mangiare sì. Erano tempi bui fatti di miseria e lavoro duro, in un’isola dove tutti vivevano nelle medesime condizioni. A 6 anni Maria iniziò la scuola. Tutti i giorni s’incamminava per quella strada che in inverno era piena di fango e all’arrivo della bella stagione il sole picchiava sulla testa come una pentola sulla brace rossa. A Maria piaceva andare a scuola, la frequentava assiduamente mai rinunciando ad una lezione, quando purtroppo capitava che si ammalasse piangeva sgomenta. La matematica era la mia materia preferita, i numeri mi affascinavano; l'aritmetica era la mia gioia. Aiutava nei compiti anche i compagni di classe, incoraggiata dalla maestra che per lei provava simpatia; a quei tempi raramente i bambini erano interessati alla scuola perché con la carestia che c’era i genitori preferivano toglierli da scuola per mandarli a lavorare nei campi o a pascolare gli animali. Purtroppo, terminata la quarta elementare, Maria dovette abbandonare la scuola. Babbo Armando era tornato dalla prima guerra mondiale e, essendo stato fatto prigioniero in Albania, era un uomo malato e ferito soprattutto nell’anima. Maria e la mamma si presero cura di lui, che trascorreva i giorni disteso sul letto con gli occhi sbarrati al soffitto e farfugliando frasi sull'orrore che aveva vissuto. Ogni tanto Maria andava a trovare le zie che abitavano a Sant’Ilario e salendo sul punto più alto del paese riusciva a scorgere il continente. Guardava quella distesa di mare e nelle giornate limpide intravedeva PiombinoUn giorno verrò, diceva a se stessa sempre più convinta. Nella primavera del 1926, all’età di 12 anni, Maria insieme ai genitori e al fratello Giuseppe caricò le poche cose (due sedie, un materasso, due valigie di cartone) sul piroscafo con destinazione Piombino.

Il traghetto si fermò in mezzo al canale e accostò un barcone per caricare i passeggeri; successivamente attraccò al porticciolo di Piombino dove tutti scesero e scaricarono le poche cose che avevano. I genitori di Maria si accordarono con un uomo che possedeva un carro trainato da un cavallo per giungere così nei pressi di Fiorentina. Ben presto la famiglia di Maria comprese che il continente non era quel paradiso che alcuni parenti avevano loro descritto. Alloggiarono in una casa mezza diroccata e iniziarono a lavorare la terra a mezzadria. Il proprietario passava una volta a settimana per controllare l'andamento dei lavori svolti, la cura degli animali (mucche, galline, maiali) e ogni volta faceva razzia di tutto o quasi; alla famiglia rimaneva ben poco, lo scontento regnava. Ma Maria incoraggiava i genitori dicendo che era sempre meglio accontentarsi di quel poco rispetto al nulla che offriva l’Elba. Trascorsi due anni accade che babbo Armando trovò un nuovo alloggio e un nuovo lavoro, sempre a mezzadria, da un altro proprietario terriero, situazione sicuramente migliore come alloggio e in zona diversa, precisamente tra Venturina e Cafaggio. Maria all’età di 14 anni venne contattata, per un lavoro da inserviente, dai proprietari del Palazzaccio, tuttora esistente sulla strada che da Cafaggio porta a Campiglia Marittima; impiego che accettò dato che in famiglia i soldi scarseggiavano. Al mattino si alzava di buon ora e dopo aver sbrigato le faccende di casa s’incamminava recandosi al lavoro. La moglie del marchese, proprietari del palazzo, organizzava spesso cene succulenti e serate danzanti alle quali partecipavano personaggi, come del resto accade anche oggi, durante le quali si trattavano argomenti lavorativi e finanziari. Quindi i saloni, le camere per gli ospiti, i tendaggi i pavimenti in marmo dovevano essere in perfetto ordine. I candelabri, le posate di argento, andavano lucidati con uno straccio umido e cenere prelevata dai focolari. Ugualmente per tirare a lucido i pavimenti Maria doveva inginocchiarsi, usare dapprima i mozziconi delle candele dopodiché strofinare con stracci di lana. Al castello non mancavano le scuderie con tanto di stallieri. Un giorno Maria fu chiamata dalla prima cuoca che le ordinò di andare nell’orto a raccogliere la nepitella, un’erbetta aromatizzante per cucinare. Passando davanti alle scuderie per recarsi all’orto un giovane stalliere la salutò; Maria non contraccambiò il saluto memore dei consigli della madre che le raccomandava di non dar confidenza agli sconosciuti. Il ragazzo addetto alle stalle si chiamava Agrasto e aveva un’età ben maggiore di quella di Maria, quasi 10 anni in più, che comunque continuava a ignorarlo ogni qualvolta per combinazione si incontravano. Però, in cuor suo, a Maria quel ragazzo moro, ricciuto e con gli occhi verdi piaceva tantissimo.

Un bel giorno Agrasto si dichiarò: Senti Maria, mi sembri una brava ragazza, lavoratrice, onesta e mi piaci tanto. Se vuoi stasera vengo a parlare con i tuoi genitori. Così se anche loro sono d'accordo ci fidanziamo e tra un po' di tempo ci sposiamoMaria dopo questa dichiarazione aveva il cuore a mille, rossa in volto balbettò poche parole di assenso. In 3 anni di fidanzamento Maria poté sfiorare le labbra del fidanzato poche volte. Il 24 Dicembre 1933, nella chiesa di Campiglia, Agrasto e Maria si sposarono, lei indossava un tailleur grigio perla, tra le mani un mazzolino striminzito di fiori; lui era in abito scuro e nei loro volti si leggeva tutta la tensione delle giornata e del futuro che avrebbero avuto. Bimba, ti puoi immaginare ... non avevo mai baciato veramente tuo nonno, non avevo mai visto un uomo nudo ... Ti dico solo che la prima notte fu un vero disastro! Non ci fu il viaggio di nozze e il giorno seguente tornarono ciascuno al proprio lavoro; Maria per poco tempo ancora perché di lì a 3 mesi annunciò la prima gravidanza. 

Dal Novembre del 1934 al Dicembre del 1937 nacquero 3 figli, due femmine e un figlio maschio. Con 3 bambini Maria aveva il suo bel daffare, oltre alla terra, gli animali da accudire, ma sempre mostrando tanta energia e gratitudine verso il prossimo; mai stanca di inventarsi tutti i giochi possibili con i suoi bambini con quel poco che avevano. Trascorsi vari anni e diversi traslochi, la famiglia tornò nel comune di Piombino e precisamente in località Campo alle fave in attesa di vedersi assegnare la casa con annesso terreno dall’Ente Maremma. 

Nel 1954 la costruzione dell’abitazione venne completata e finalmente ne entrarono in possesso. Nel 1958 morì Clelia, la mamma di Maria, proprio una settimana dopo che Maria per la prima volta era diventata nonna, a 44 anni di età. Babbo Armando, rimasto vedovo, si stabilì in casa di Maria e Agrasto per poi morire nel 1970. Agrasto, il marito, lasciò Maria per sempre nel Novembre 1989. Maria a 75 anni si ritrovò da sola, sgomenta, per la perdita del marito; non riusciva a darsi pace e la sera la solitudine la assaliva rendendola triste. Un giorno chiese a una nipote (la sottoscritta): Mi insegni a lavorare all’uncinetto?. Lei che aveva sempre lavorato la terra e venduto ortaggi si scoprì felice con questa passione e tempo pochi giorni divenne abile; i centrini, le trine non furono più un tabù per lei. Dopo circa un anno, non contenta, sperimentò anche il disegno su stoffa e l'intaglio a mano. Insomma Maria proseguì nella sua vita fatta di ricordi, risate e tanto calore per tutti quanti, figli, nipoti, bisnipoti e pronipote. Maria ci ha lasciato ad Ottobre 2016 alla veneranda età di 102 anni e 7 mesi senza aver mai minimamente perso la lucidità di mente e di parola.

Ciao nonna, in ritardo ma ho mantenuto la promessa. Donna di straordinaria simpatia e intelligenza, ti ho sempre adorata e invidiata (in senso buono) per quel tuo modo di prendere la vita a piene mani, a coglierne l'essenza. E come dicevi tu: Quando nacqui mi battezzarono subito perché dicevano che non ce l'avrei fatta a campare, invece eccomi qua! Ho 102 anni e sapete che vi dico ... TOOOHHH!” (... e nel dire ciò faceva un gesto eloquente, tanto per rendere l'idea).

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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