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Attualità domenica 17 marzo 2024 ore 06:00

Piccole note residuali di vocabolario piombinese

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “ Piccole note residuali di vocabolario piombinese” di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — Un capitolo scritto mica per allungare il brodo - modo di dire non solo piombinese, ma già che ci siamo… - non per scrivere più del necessario, per dilungarsi, ma per annotare qualche termine dimenticato che non merita un capitolo intero. Il brodo è buono ristretto, saporito, allungato non sa di niente, è solo acqua calda, così i discorsi fatti e rifatti e le spiegazioni non richieste quando tutto è già chiaro. Non le faremo. Parliamo invece di cose non dette come il vocabolo incuderito, che a Piombino un tempo si usava per definire una persona impermalita, risentita, contrariata, adesso scomparso nella notte dei tempi. Ma come sei incuderito! Credo che tale esclamazione derivi da incudine, nel senso di una persona che è diventata dura come il ferro di un’incudine, non ci si parla proprio da quant’è arrabbiata. Un altro termine è legno torto, ma il significato è più vasto di incuderito, ché un legno torto è uno che non si raddrizza, la sua condizione è immodificabile, non transitoria. Ancor più scomparso il termine agruseste - che proviene dalle campagne del Valdi Cornia, forse dal Monte Amiata - per significare un tipo rozzo, scontroso, intrattabile. Se vi sentite apostrofare con Quanto sei agruseste! Significa che non avete un bel carattere, che siete una persona intrattabile, vuol dire anche che forse siete finiti a Frittole come Benigni e Troisi in ‘Non ci resta che piangere’, ché tale aggettivo è così desueto che forse lo usa soltanto mia madre. E il termine filanciano? Non credo che sia soltanto piombinese, si sente dire anche nel pisano, si tratta di una via di mezzo tra filo di acciaio e fil di ferro: Ci devi mette’ un filanciano! (traduzione: ci devi mettere un filo spinato!). Il filanciano è il filo metallico che si usa come recinzione di un campo o di un territorio, ma spesso il termine è usato anche come aggettivo per indicare una persona lunga e magra (es: è proprio un filanciano, pare un filanciano). Parlando d’altro ci siamo dimenticati il termine brindellone per indicare un vagabondo sciupa tempo, uno che passa le giornate a non far niente, spesso dormendo e quasi mai in attività produttive, a volte accompagnato da un singolare accrescitivo: Che popo’ di brindellone!. Ma anche: Dé, sei proprio un brindellone! Potrebbe derivare anche da sbrindellato, altro modo per definire una persona con la camicia fuori dai calzoni, oltre al già visto sbudellato. Una domanda come O brindellone, ma dove te ne vai tutto sbrindellato? sarebbe proprio il massimo… E invece il caccone chi potrebbe essere? A Piombino caccone sta per snob, persone affettata, di solito un riccone molto ricercato negli atteggiamenti, lezioso nel modo di parlare, un benestante presuntuoso che sfoggia la sua ricchezza, alla Guido Nicheli in Vacanze di Natale. Adesso non lo dice più nessuno, ma la derivazione potrebbe essere quella già accennata da Arbore e Bracardi nella trasmissione radiofonica ‘Alto Gradimento’, ché un ricco mangia molto più di un povero, quindi è un caccone, uno che produce molti escrementi. Al contrario uno sciattone (declinabile soprattutto al femminile) è la persona disordinata, trasandata, trascurata, termine che di sicuro proviene da sciantosa, ma che troviamo anche nel vocabolario italiano per indicare chi non ha cura della propria persona o che è trasandato nel lavoro che sta facendo. Una sciattona può essere anche scarruffata, piombinesismo usato per indicare una persona che se ne va in giro spettinata, scarmigliata nei capelli, reperibile anche nel vocabolario della lingua italiana Treccani. E che dire della mota? A Piombino non c’è il fango, c’è la mota, terra mista ad acqua che rende molliccio il selciato delle strade (es: ho le scarpe tutte sporche di mota). Al mare non abbiamo il catrame ma il blecche (di sicuro da black, nero in inglese), la sabbia si chiama rena, poi non andiamo a piedi, noi (meglio, i nostri vecchi) prendiamo la carrozza del Gambini. Se ci va bene con una ragazza e qualcosa si rimedia, non limoniamo o pomiciamo, no davvero, a Piombino si treppica e si ciuccia. Altre parole modificate dal vecchio piombinese: sedia si dice sieda (come l’imperativo del verbo sedere), coniglio si dice conigliolo, le cozze si chiamano muscoli (se no come fanno a esse’ piombinesi?), stronzo si dice stronzolo, anche quello più famoso che secondo la leggenda ci avrebbe lasciato Orlando. Persino i nomi dei quartieri e di certe località si pronunciano come ci pare: Sanivoli invece di Salivoli, Diaccioni al posto di Ghiaccioni (in realtà va più che bene dire Diaccioni perché deriva dai diacci dove un tempo si tenevano al riparo le bestie), infine Rimigliano si chiama Remigliano, e chi se ne frega se è comune di San Vincenzo, per noi è come se fosse Piombino. Saddiddandà s’è detto tutti almeno una volta nella vita, pronunciato tutto attaccato, a volte contratto in saddidda?. Saddiddandà in Piombino? che il centro è sempre un po’ in discesa rispetto a dove siamo, quindi si scende in piazza Verdi, si va al Torrione (Rivellino non lo chiama nessuno). Un altro bel modo di dire lo sentiamo gettando l’immondizia; in passato (quando avevamo il secchio) si diceva: Mi vai a butta’ il secchio del sudicio? senza pensare che era il contenuto (la spazzatura, che tutti chiamavano sudicio) a finire nei cassonetti, non certo il secchio. Adesso che usiamo i sacchetti il problema è superato, ma a Piombino si va sempre e comunque a buttare il sudicio. E poi finiamola qui, è quasi l’ora d’andare a desinare, l’orologio segna già il tocco, ché a Piombino l’una o le tredici non l’ha mai detto nessuno…

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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