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Attualità giovedì 22 novembre 2018 ore 09:21

Referendum Rimateria, parlano Ferrari e Callaioli

Sono gli avvocati e consiglieri comunali incaricati dal Comitato Pro Referendum a rappresentarli nelle due commissioni per l'ammissibilità dei quesiti



PIOMBINO — Espresso il giudizio delle due commissioni di verifica che hanno detto no alla proposta di referendum sui progetti di ampliamento della discarica Rimateria e di vendita di pacchetti di quote azionarie ai privati, i due avvocati che hanno rappresentato il Comitato Pro Referendum hanno spiegato il loro punto di vista (per sapere la composizione delle due commissioni leggi qui).

Le due commissioni non hanno accolto i due quesiti referendari producendo delle motivazioni che in estrema sintesi sottolineano l'interesse non esclusivamente comunale del progetto discarica Rimateria per quanto riguarda l'ampliamento e il percorso già attivato per quanto riguarda la vendita delle quote (qui le motivazioni nel dettaglio).

Ma cosa hanno detto i rappresentanti del Comitato all'interno della commissione? Cosa pensano del giudizio prodotto? Francesco Ferrari e Fabrizio Callaioli, convinti dell'ammissibilità del referendum, hanno affidato il loro percorso a Facebook dove il dibattito tra pro e contro è molto acceso. Ne riportiamo alcuni estratti.

In merito al quesito relativo all'ampliamento della discarica"Sono stato il solo membro di commissione ad essere in disaccordo con tale decisione, assunta dagli altri cinque membri, il presidente del Consiglio comunale, il segretario Generale del Comune di Piombino, due dirigenti del Comune di Piombino ed il membro scelto dal sindaco", ha ricordato Ferrari che ritiene infondata la motivazione di non esclusiva competenza locale.

"Da un lato, infatti, gli altri enti, a differenza del Comune di Piombino, dovranno pronunciarsi solo sulla conformità del progetto alla normativa ambientale ad oggi vigente, mentre il Comune di Piombino conserva un potere politico volto a valutare l’opportunità di dare esecuzione a quel progetto di raddoppio di volumi di discarica. - ha spiegato - Dall’altro lato, anche a voler tacere le ragioni che precedono, non potrà essere ignorato che nel 2008 i Giudici del Tribunale di Livorno si pronunciarono su una questione molto simile, che riguardava proprio Piombino: si parlava dei famosi fanghi di Bagnoli. In quell’occasione il Tribunale, pur ribadendo l’inammissibilità del referendum in quanto oramai superato dalle decisioni allora assunte, precisò che la materia era comunque di esclusiva competenza locale, benché vi fossero altri enti, in quel caso il Ministero, a dover e poter decidere sulla destinazione dei fanghi stessi".

"In secondo luogo, secondo i mie cinque colleghi che rispetto e stimo, pur in disaccordo con la loro posizione se un soggetto privato presenta un’istanza tesa ad ottenere un permesso a costruire nel rispetto della destinazione urbanistica dell’area, il Comune non può negare il permesso stesso. Da qui l’inammissibilità del referendum. In realtà, - secondo Ferrari - basterà notare che il Comune conserva comunque il diritto di impedire la realizzazione di qualsiasi progetto, laddove non ancora autorizzato. Lo può fare, per esempio, attraverso un intervento sul Regolamento Urbanistico".

In merito al quesito della vendita delle quote ai privati: "Gli altri commissari hanno ritenuto che il quesito sia inammissibile osservato che, a mente dell’art.2487 c.c., i criteri per la liquidazione della società (Asiu, proprietaria delle azioni di Rimateria è in liquidazione) sono impartiti dall’assemblea con maggioranze previste per la modifica dell’atto costitutivo e quindi di due terzi, ciò implicando che, per modificare la disposizione fornita al liquidatore di vendere le azioni, sia necessaria una maggioranza qualificata e quindi sia necessaria anche la volontà degli altri comuni azionisti. - ha detto Callaioli - Ciò comporterebbe la natura non prettamente locale del quesito referendario. Premesso anche che la vendita dei cespiti aziendali costituisca un criterio per la vendita. Le eccezioni sono infondate. - ha commentato - E’ errata intanto la premessa: le azioni di Rimateria sono di proprietà di Asiu e quindi per quest’ultima rappresentano uno dei cespiti da vendere con la liquidazione. La vendita dei cespiti è ontologicamente un’attività di liquidazione non assimilabile ad un criterio della vendita. Un criterio è, per esempio, il prezzo di vendita, indicato appunto dai soci proprietari, non certo la vendita in sé. Ciò è dirimente e capace di porre nel nulla la contestazione".

"Ma a tutto voler concedere, - ha aggiunto - si può ancora replicare che l’attività di vendita non fu assegnata al liquidatore in maniera originaria, perché la delibera di vendere le azioni di Asiu fu assunta dal Comune di Piombino nel giugno 2016, mentre la messa in liquidazione – e i conseguenti compiti e criteri impartiti al liquidatore – sono deliberati dell’assemblea dei soci del gennaio 2017".

"Gli altri commissari consideravano anche tardiva la richiesta referendaria, visto che il processo di vendita delle azioni era ormai uscito dalla sfera pubblicistica ed entrato definitivamente in un ambito privatistico sottratto alla possibilità di intervento pubblico. E' errato", ha puntualizzato Callaioli ricordando che la procedura negoziata di vendita delle azioni non è conclusa ed è espressamente indicato che né l’indizione della procedura, né la formazione della graduatoria, costituiscono vincolo per Rimateria spa, la quale sarà libera di non dar corso all’aggiudicazione, nonché di differire il perfezionamento della stessa. In tal caso il concorrente che avrà formulato la migliore offerta non potrà far valere alcuna forma di responsabilità, neanche di natura precontrattuale, nei confronti di Rimateria spa.

"Quindi, non solo la procedura non è ancora conclusa, ma è chiaro che la chiusura della stessa è di assoluta competenza pubblica, perché è l'assemblea di cui fanno parte i sindaci che decide di aggiudicare o meno le azioni alla società offerente. E il quesito referendario - ha concluso - è volto ad indurre al sindaco di Piombino il comportamento da tenere in occasione di quella delibera sull'aggiudicazione. E' chiaro che non vi erano motivi validi per non ammettere il referendum".


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