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Attualità domenica 06 luglio 2025 ore 07:54

Tra via Pisacane e via Landi

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi presenta l’ultimo lavoro di Andrea Fanetti



PIOMBINO — Come già accaduto, utilizzo il blog domenicale per presentarvi un valido scrittore piombinese, che oggi prende il mio posto per raccontarvi la nostra Piombino. Si tratta di Andrea Fanetti, da Castelnuovo Val di Cecina, provincia di Pisa, classe 1956, perito meccanico, pensionato, ex-impiegato Magona d’Italia, sposato con due figli. Fanetti ha rivestito impegni in campo politico (assessore) e sportivo (basket). Tra i fondatori dall’Associazione Culturale Covergreen che valorizza e promuove le copertine dei vinili anni Sessanta - Settanta. Per il Foglio Letterario ha pubblicato sei romanzi: La piazza in mezzo al mare, I giganti, L’assassino e il pettirosso, Nuvole passanti, Dalla neve al fango e Avere tutto ma non il domani. Vi lascio alla lettura del racconto inedito Tra via Pisacane e via Landi, il racconto dello stupore di un bambino di campagna alle prese con una cittadina industriale che ai suoi occhi appare come una metropoli.

Tra via Pisacane e via Landi

Nel primo di quegli anni Sessanta, babbo scese giù dalle colline per entrare insieme ad altre centinaia di giovani a lavorare alle Acciaierie di Piombino. Venne da solo,ospitato da lontani parenti, aveva trentadue anni e una famiglia da tirare avanti. Non passò molto tempo che io e i miei genitori ci riunimmo di nuovo, lui aveva trovato due stanzette alla fine di via Pisacane. Per noi che venivamo da un borgo sulle colline metallifere l’impatto fu duro; si entrava in un androne che dalla strada portava in una chiostra e da li si accedeva a due stanzette a piano terra e, tramite una scala esterna, a un appartamento sopra di noi dove abitava una famiglia di quattro persone, dei commercianti e già quella sembrava una gerarchia.

Chi ha sempre vissuto in città non comprende l’impressione che può fare passare da un borgo di campagna a quella realtà; una chiostra era per noi un luogo nuovo, chi l’aveva mai vista una piazzetta tra le case? Via Pisacane mi sembrava lunghissima e se mi giravo oltre, la continuità con via Portovecchio mi faceva pensare di essere tornati di casa davanti a un’autostrada, poi la vicinanza agli stabilimenti che tutto il giorno emenavanorumori strani e al calare della sera si poteva assistere al bagliore delle colate; niente a che vedere col silenzio della campagna o coi falò che ogni tanto i contadini facevano nelle aie. Poi lo spolverino, e chi lo aveva mai sentito questo odore nell’aria e chi l’aveva mai visto quel grigio sui davanzali? Lassù da dove provenivamo poteva capitare che una ventata portasse quello di uova marce dei soffioni boraciferi, ma questo che usciva dalle acciaierie era ben altro, sapeva di gas. A me tutto ciò spaventava, i miei genitori invece erano felici, non avevamo quasi nulla, in quella casa non c’era la televisione, non c’erano riscaldamenti e non filtrava neppure tanto sole dalle finestre, ma erano felici come non li ho più visti, erano giovani, potevano sognare e per la prima e ultima volta non facevano più parte di una famiglia numerosa con i loro vecchi, i parenti o tanta gente da mettere a tavola e neppure da dormire in quattro in un letto. Lo avrei capito da grande, ma quella casetta era per loro un paradiso, era l’indipendenza, la privacy come si dice oggi.

Nel giro di poco tempo babbo passò dalle piccole cose dei campi alle dimensioni enormi di certi impianti, ne parlava entusiasta e si riteneva fortunato a far parte della grande famiglia delle Acciaierie. Mamma, che aveva preso un diploma da sartina, aveva finalmente a disposizione negozi e vetrine per i suoi occhi. Girare per Piombino in quei primi anni Sessanta voleva dire futuro, speranza, gente fuori dai bar, qualche macchina, cose normali per uno che c’è sempre stato, un paese dei balocchi per noi che venivamo da lassù e tutto era una prima volta: l’odore del mare senza andare al mare, il gelato in coppetta sotto piazza Bovio, i giorni di festa che era festa per davvero, i cinema, la Befana dell’Italsider con tanti bambini come me come non li avevo mai visti.

In una piazza che tutti chiamavano Tre orologi, mi incantavo a osservare un vigile su una pedana che dirigeva il traffico, mi appariva come un’autorità, uno che contava con la sua divisa, il fischietto e quella paletta con la quale aveva il potere di fermare le macchine per far passare la gente e poi quei movimenti delle braccia precisi e decisi. Io non sognavo, come altri a cinque anni, di fare il pilota di aereo e nemmeno lo scienziato, sognavo di fare il vigile urbano! Bastava uscire di casa e poco dopo c’era via Landi, il primo crocevia che ho vissuto era proprio quello: via Pisacane, via Landi e poi via Portovecchio, che avrei percorso centinaia di volte per andare a lavoro. Come mi venne in testa non lo so, fatto sta che quel crocevia si prestava troppo bene per non mettere in pratica i miei intenti. Credo fosse un giorno d’estate perché mi ricordo in pantaloni corti e una magliettina azzurra, il fischietto non ce l’avevo, ma come paletta andava benissimo un mestolo che presi nel cassetto vicino ai fornelli e mi piazzai in mezzo alla strada a dirigere il traffico: vediamo un po’ se gli automobilisti mi danno retta come a quel vigile in piazza! Non ricordo con esattezza se uno di loro mi prese per un orecchio o per un braccio, quel che rammento con esattezza furono le urla di mamma come non le avevo mai sentito fare, fino a quella frase liberatoria: “Al tu’ babbo non glielo dico, viene stanco da lavoro e un’arrabbiatura lofarebbe star male! Ma chi te l’ha messo in testa di metterti nel mezzo alla strada?”

Non gli disse nulla altrimenti ce n’erano anche per lei che magari si era distratta e non mi aveva visto uscire, ma l’importante era che stesse zitta e poi, che colpa ne avevo se loro mi portavano in centro e io vedevo quel vigile! Via Pisacane la facevamo tutta per tornare in quella piazza, poi si continuava per il corso fino a piazza Bovio. Piombino è strade e piazze, a me quel tragitto da via Portovecchio a via Pisacane e poi tutto il Corso sembravano un cordone ombelicale che congiungeva piazza Tre orologi, piazza degli Uccelli morti e la Piazza in mezzo al mare. Certo che i piombinesi ne avevano di fantasia per metter quei nomi! Invece per le strade che mi videro per la prima e ultima volta dirigere il traffico avevano visto giusto, un eroe del Risorgimento e un giovane anarchico ucciso dai fascisti.

Al di là del muro stava la città dell’acciaio che mandava rumori, spolverino e bagliori, ma Piombino era bella, i miei genitori erano giovani e felici e io da grande volevo fare il vigile urbano.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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