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Attualità domenica 21 giugno 2020 ore 06:47

Via Garibaldi

Via Garibaldi (Foto di Diletta Venturi)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Via Garibaldi" di Gordiano Lupi



PIOMBINO — Via Garibaldi un tempo si chiamava via Tra Palazzi. Basta dare un’occhiata alla foto evocativa ed emblematica scattata da Diletta Venturi per capire il motivo. Via storica come poche, dove una lapide di marmo ricorda al mondo il delitto dei congiurati che uccisero il signore. Alessandro Appiani era il nome del malcapitato marito di donna Isabella, amante di Don Felix di Aragona, comandante spagnolo di stanza a Piombino. Il suo corpo venne trucidato in via di Malpertuso, un vicolo buio al riparo da occhi indiscreti, per essere poi trascinato nella strada principale. Molti anni dopo sbagliarono persino la targa commemorativa e nessuno l’ha più corretta; per fortuna ci sono gli storici: ci hanno pensato Tognarini e Carrara a ristabilire la verità (1).

Via Garibaldi è centro storico, un’arteria che collega corso Vittorio Emanuele II - un tempo corso Engels … mio padre l’ha sempre chiamato così! - con la Cittadella e i giardini sul mare. Palazzi d’un tempo con i panni tesi da una finestra all’altra come in un vicolo di Napoli, bambini che giocano a palla e a nascondersi tra i portoni, in mancanza d’altro, fondi commerciali con le serrande abbassate. Negli anni Settanta, via Garibaldi era proprio dietro le scuole, gli indimenticati licei di via Cavour, accanto alla biblioteca comunale, in faccia al vecchio ospedale, poco prima della Marina, della fonte delle bisce in amore, dei pescatori con i volti scolpiti dal salmastro. Non mancavano le botteghe alimentari, i falegnami, i fabbri, i negozi di pannina, le mercerie … Per noi sfaccendati liceali era importante una bottega piccola e oscura, proprio dietro la svolta maleodorante di via di Malpertuso, famosa per gli enormi panini al salame venduti a poche lire, meta di silenziose fughe mattutine. Al tempo non c’interessava molto che in quel luogo avesse perso la vita Alessandro, affogavamo il dolore d’un passato che non ci apparteneva nel dolce sapore d’una Fiesta che - come diceva la pubblicità - ti tentava tre volte tanto. Via Garibaldi oggi ospita persino un ristorante che ricorda l’amore per Anita del famoso avventuriero in camicia rossa. Al Garibaldi innamorato puoi gustare la zuppa corsa, un piatto degli Appiani, pensando che una sera di fine estate (il 28 settembre) del 1589 anche Alessandro aveva cenato in osteria poco prima di cadere ucciso sotto il ferro dei congiurati. Una piccola via del centro, una curva sinuosa tra i palazzi, un fiume cittadino dal corso irregolare, scatena improvviso un flusso di ricordi. E come capita spesso, passo dopo passo, la storia con la esse maiuscola accompagna i piccoli eventi quotidiani dei piccoli uomini che fanno la storia. Perché la storia siamo noi, come canta il poeta, nessuno si senta escluso, siamo noi Bella ciao che partiamo, siamo noi questo piatto di grano …

(1)Ancora oggi nella strada del centro storico c’è una lapide – qui murata nel 1877 - che recita: “Sotto il ferro dei congiurati, complice Isabella sua moglie, qui cadde estinto Alessandro I Appiani, signore di Piombino, la notte del 29 settembre 1590” (in realtà la vera data è il 28 settembre 1589). Narra la leggenda che Alessandro, colpito a morte dai sicari, si sia appoggiato all’angolo della via, dove ancora è visibile una pietra di tufo, conservata nonostante le intonacature che si sono succedute nel tempo. (da Storia popolare di Piombino dagli Etruschi ai giorni nostri, Il Foglio Letterario Edizioni)

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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