Gli stadi della mia vita

PIOMBINO — Spin-off di Calcio e acciaio e di Sogni e altiforni, i pochi che li hanno letti ricorderanno il personaggio di Giovanni, un ex calciatore di successo, che ha lasciato a Trani la sua Debora, ragazza che amava, per inseguire il sogno del grande calcio; adesso vive di rimpianti, nella sua Piombino, ricorda lo stadio di Trani dove un giorno è tornato come allenatore e ha rivisto Debora sostenere le gesta di un attaccante, il suo nipotino, ma niente può tornare come prima…

E adesso che sono invecchiato ricordo in un lampo gli stadi della mia vita. Non solo San Siro resta nella memoria, anche se da calciatore è stato il palcoscenico del mio calcio importante. Lo stadio più bello di tutti, lo stadio del cuore, è il mio Magona, a Piombino, dove son nato e tornato, qui ho cominciato a giocare e ho allenato, tra le antiche mura ho portato ragazzi a salvarsi, a vincere campionati, calciatore del tempo perduto. Non solo il Magona resta lo stadio del cuore, di tanto in tanto rivedo il manto erboso di Trani, il Nicola Lapi, antico impianto che sbuca improvviso dopo il raccordo della superstrada, anche se quando giocavo ancora non esisteva, uno stadio che il progetto lo fece il grande Renzo Piano, così come il mio Magona è di Ugo Giovannozzi, artista ingegnere che disegnò l’ingresso con archi e mattoncini rossi in viale Regina Margherita, le case per gli operai, la struttura degli stabilimenti Magona. Il mio antico stadio di Trani, il cartello dipinto a colori sbiaditi dal tempo, sopra scaloni che sbucano fuori dal niente: Forza vecchio cuore biancazzurro, la gradinata bassa e stretta, così simile ai gradoni tra erbacce e ricordi del mio Magona. Lo stadio della giovinezza, di Debora sul lungomare, d’una città dipintad’azzurro, antica chiesa e corso argentato, un parco immerso nel verde, le voci stridule dei pescatori. Gli stadi della mia vita che mi hanno visto sconfitto e vincitore, gli stadi dove son voluto tornare, gli stadi ormai abbandonati - Trapani come Andria e Barletta, persino Bisceglie, il Celeste a Messina indimenticato, il profumo di pesce appena pescato di Castellammare - l’immagine d’un antico amore alla rete di recinzione, un bacio tradito. Adesso lo so, non potevo restare, adesso ho capito che il mio posto è in questa città di ferroso vento salmastro, un ricordo di vita lontana racchiuso tra la palazzina del Giovannozzi senza tribuna, dove undici eroi una domenica di troppi anni fa sconfissero la grande Roma. Trani ritorna alla mente nelle notti insonni, con il suo stadio in mezzo ai palazzi, antico cuore biancazzurro che pulsa, gli ultras irascibili che gridano dietro la curva, così come le brigate d’acciaio scandiscono nomi lontani. Un giorno ho rivisto il mio stadio di Trani, una fitta al cuore ha fatto tonare alla mente giovinezza perduta, Debora accanto alla rete, gli allenamenti, Debora che guarda un nipote giocare, Debora fremere per un attaccante che la vita deve ancora scoprire. E io di nuovo in quel campo da allenatore, per vincere con i miei ragazzi una partita come troppi anni fa, abbandonando un antico amore. Il calcio come la vita, si vince e si perde, si prendono decisioni che fanno imboccare strade senza ritorno, non si può cambiare, tornare indietro, dare un nuovo corso alla vita. Addio Debora, addio stadio antico, addio Trani, ritorno a Piombino, nel mio Magona, dove posso solo tifare, insieme a quel che resta degli ultras, per le nostre poche vittorie.

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