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Calci, pugni e spray urticante per una collana d'oro: il video della rapina ripresa in metropolitana a Milano
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Attualità domenica 21 dicembre 2025 ore 08:30

​Esclamazioni tipiche d’un tempo

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi, con la collaborazione di Giorgio Cortigiani, ci propone nuovi modi di dire



PIOMBINO — “È una cannonata!”. Chi non ha mai pronunciato questa esclamazione per esaltare qualcosa, che sia una macchina come una moto, ma anche un prodotto appena acquistato, un elettrodomestico, un marchingegno che funziona molto bene. Alcuni dicevano anche “Va a puntino” oppure “Torna a puntino”, che forse ha qualcosa a che fare con la messa a punto di un motore. Adesso si usa poco, come è abbastanza dimenticata l’espressione “Non mi sfagiola”, spesso resa più intensa con un avverbio piombinese posto a fine frase: “Non mi sfagiola punto!”. Significa “non mi torna”, “non mi torna per niente”. “Non mi riempie l’occhio” è quasi uguale, significa che una determinata cosa “non mi sembra soddisfacente”, “non fa per me”, “non mi pare adatta”. Cambiamo discorso. “Occhi a piscialletto” per i nostri vecchi significava “occhi spenti”, per questo “pisciosi”, poco vivi e per niente brillanti, ma acquosi. Il proverbio “Non si gioca il cacio vinciuto!” che in altre zone della Toscana prende la forma di “cacio vinto ’un si rigioa”. La frase proverbiale non viene più usata come modo di dire, in ogni caso significa che “il cacio vinto non si rigioca”, per estensione non si rimette in palio quel che si è vinto, conviene andarsene con la somma guadagnata. Quando s’incontrava un amico per strada che mostrava grande fretta, verso l’ora di pranzo, capitava di apostrofarlo con un interrogativo divertente: “O dove vai? Che ti si diaccia l’insalata?”. Va da sé che l’insalata non si mangia calda e non può certo freddarsi (in piombinese “diacciarsi”), quindi l’espressione era del tutto iperbolica, stava per dire: “ma dove corri, che cosa avrai mai da fare e che cosa ti avranno messo in tavola per avere tanta premura?”. La domanda poteva essere posta in forma di dialogo: “Dove vai?”. “Ho furia, devo anda’ a mangia’!”. “Dé cocco, e ti si diaccia l’insalata!”. Ancora in tema di pranzo: “La minestra diventa colla!”, quando resta troppo tempo nel piatto e finisce per freddarsi. “M’importa un fico secco!” è una terminologia alimentare che sta per “non m’importa un bel niente!”. “Penica poco!” non lo dice più nessuno, ma significa “Fai presto!”, “Dura poca fatica!”. “Ha strappato la Cornia!” vuol dire che ha rotto gli argini il nostro fiume, in italiano corretto “ha straripato”. “Sei al buio come i cocomeri!, significa che non sai proprio niente, sei come un cocomero da aprire, infatti per sapere se il dolce frutto è buono va diviso in due. Stesso significato aveva “Sei come i cucchiai!” spesso completato e chiarito da “non ne infili una!”, infatti solo le forchette hanno le punte per infilzare il cibo, quindi dire a un amico “Sei come i cucchiai!” significava accusarlo di non azzeccarne una. Tutto in disuso. Qualche volta, invece, si usa ancora “Mi hai fatto una festa come un giorno di lavoro”, riferito a un’accoglienza non troppo calorosa che viene riservata a una persona, ma anche a un evento che poteva essere celebrato meglio. “Sembri il cane d’un signore!” veniva detto a un amico che di solito non si vestiva elegante, quando capitava che si mettesse in ghingheri, con tanto di giacca e cravatta. L’espressione aveva un senso ironico. In passato per indicare qualcuno che faceva una cosa inutile veniva detto: “Guarda un po’ se la luce becca il foco”, ma anche “Vai a fa’ l’erba al treno”. “Non ci fa’ la bocca”, viene ancora usato per ammonire qualcuno a non abituarsi a una determinata cosa, che è stata fatta in occasione del tutto eccezionale. Può avere anche un senso dubitativo, non è sicuro il verificarsi di una determinato evento, quindi non ci fare la bocca. “Non stare alle mosse” significa non stare nella pelle, essere in ansia per qualcosa, non vedere l’ora che un determinato evento si verifichi. “Sei come il giovedì! Sei sempre in mezzo”, non ha bisogno di tante spiegazioni, la persona fastidiosa e inopportuna, il tipo che ci troviamo sempre davanti, viene paragonato al giorno che cade a metà settimana, perché (come il giovedì) è sempre in mezzo. “’Un sai fa’ un’o cor culo!”, piuttosto volgare ma modo esplicito di dare del buono a niente a una determinata persona. Il culo è tondo, ma tu non sei capace neppure di disegnare un cerchio, una o, con la parte posteriore del tuo corpo. “Non leva’ un ragno dar buco” è abbastanza nazionale, essere incapaci di risolvere una situazione, brancolare nel buio, non venire a capo di niente. Abbastanza simile l’espressione “Non esse’ bono a leva’ le castagne dar foco”, non farcela a sbrogliare una matassa, non essere in grado di risolvere un problema. “Quello ’un capisce nemmeno quando lo chiami!”, altra esclamazione per definire un tipo duro di comprendonio. “Niente, fa bene agli occhi!”, almeno non si sciupano, non si sforzano, se non c’è niente da vedere. “Roma non fu fatta in un giorno”, si dice spesso per far stare calmo un tale che ci pressa, serve tempo per fare le cose, “mica si po’ anda’ di furia!”. “Amaro come il veleno!”, si dice di una cosa cattiva, aspra, non piacevole al palato. Termino la rassegna delle esclamazioni con la desueta: “Dè è poco ciucco!”, che stava a indicare un buon partito, uno da sposare, magari perché era di Magona…

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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