Questo sito contribuisce alla audience di 
QUI quotidiano online.  
Percorso semplificato Aggiornato alle 08:57 METEO:PIOMBINO18°19°  QuiNews.net
Qui News valdicornia, Cronaca, Sport, Notizie Locali valdicornia
domenica 16 novembre 2025
Tutti i titoli:
corriere tv
Perché battere la Norvegia conta più di quanto sembri
Perché battere la Norvegia conta più di quanto sembri

Attualità domenica 16 novembre 2025 ore 08:57

Se ’un ti va bene… ti purghi!

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia alla scoperta di nuovi modi di dire con Gordiano Lupi



PIOMBINO — Vediamo qualche espressione tipica e alcune esclamazioni usate nella Val di Cornia, anche in tempi recenti, perché “purgati!” è roba anni Settanta, usata in diverse accezioni. Esempi: “Dovevamo uscire ieri che faceva bel tempo, ma siamo rimasti a casa. Oggi dobbiamo uscire per forza e piove. Ci si purga!”. Forse il significato primordiale era quello di prendere una purga, farsi coraggio e andare. Ma si usava anche rispondere con forza alle contestazioni ricevute: “Non ti va bene? Ti purghi!”. Se non sei d’accordo con quel che ho proposto, a casa mia comando io, lo faccio uguale, se a te non sta bene, purgati. Un tipo di parlato che si usava anche nei Settanta era “venire con la carrozza del gambini”, quando impiegavamo parecchio tempo a raggiungere un appuntamento perché avevamo fatto la strada a piedi.

A Piombino il piumone è sempre stato il coltrone, accrescitivo di coltre - coperta pesante -, mentre in fondo ai piedi si metteva il piumino (fatto di piume) e il materasso si chiamava saccone. Acquetta dalle nostre parti è il nome utilizzato per definire la varichina o candeggina, che dir si voglia, ma usando i due ultimi nomi in un supermercato del passato nessuno vi avrebbe capito. Se in un campo di grano restano delle spighe cariche di chicchi, chi va a raccogliere il grano residuo si dice che “va a rispigolare”, ma nel caso in cui il campo sia di olivi, raccogliere le olive ai piedi degli alberi significa “ribruscolare”. Se fate mente locale, nel parlare comune vi sarà capitato di sentir dire frasi come “lui ribruscola sempre qualcosa”, per far riferimento a qualcuno che, in un modo o nell’altro, qualcosa ottiene sempre.

Altri termini desueti. Il ronzaiolo è l’orzaiolo, l’eresipolaè una sorta d’infezione che colpisce l’occhio, il mal del vorgolo è l’appendicite che va in peritonite, il mal del caduto è l’epilessia, infine quando si dice che una donna ha sgravato significa che ha partorito, perché la femmina gravida è incinta. La rannata è il bucato che un tempo si faceva in campagna usando la cenere. Si prendeva una conca piena di panni, si aggiungeva acqua bollente e cenere a strati - dato il potere detergente -, infine tutto veniva rumato (mescolato) con un grosso bastone. Il metodo di lavaggio era utilizzato soprattutto per le lenzuola, una volta finito si diceva: “Oggi ho fatto la rannata!”.

“Partire in tromba” si dice ancora, significa andare via di corsa, veloce, partire subito. Il cane di Betto lo conoscevano tutti i nostri vecchi ed era così famoso che dette origine a un volgarissimo modo di dire, vista la sua scarsa fortuna con le cagnoline. “Fai come il cane di Betto, tutti pipano e lui si ciuccia la fava!”, era l’esclamazione rivolta verso chi andava sempre in bianco con le ragazze. Vediamo altri modi di dire che si usano ancora. “È più lungo della fame” (un periodo che non passa mai) si usa anche per descrivere fisicamente una persona, così come si dice “è più brutto della fame” e anche “è più brutto del peccato”, due cose per niente piacevoli. A Piombino dire “gli è preso uno stranguglione!” equivale a dire che una persona ha avuto “un coccolone”, ma si dice pure “gli è preso un accidente!”. In passato si sentiva chiedere spesso: “Di cosa è morto il tale?”. Risposta: Non lo so, gli è preso un accidente!”. Ricordiamo la volgare filastrocca: “Ho seminato un campo d’accidenti / se la stagione me li tira avanti / ci so’ per te e per tutti i tu’ parenti!”.

Il termine “brignoccoloso” significa grumoso, una superficie ruvida, per estensione si usava per definire una persona con il volto butterato, pieno di piccoli bollicini, in una parola tutto brignoccoloso. Alcuni preferiscono il termine “rosposo”, perché la pelle del rospo è ruvida al tatto come carta vetrata.

Un bel modo di dire del passato: “Te fai come i bibbonesi, cambi il piombo coi mattoni!”, che ricordo pronunciato dal mio babbo, senza fare rifermento agli abitanti di Bibbona, ogni volta che mi vedeva preferire una cosa di poco valore a un’altra nettamente superiore. E se a Piombino “non bulica foglia”, significa che non c’è vento, non si muove foglia, è calma piatta. Il modo di dire proviene dalla voce del verbo “bulicare”, sinonimo di muovere. “Giacchettata”, invece, un tempo si diceva per definire qualcosa o qualcuno di scarso valore in frasi del tipo: “Carlo è una giacchettata rispetto a Mario”. Un film brutto era “un bottone” o “una bottonata”, anche “una sempionata” (dal cinema Sempione che passava le terze visioni), se era un film irreale ed eccessivo si parlava di “americanata”, oggi tutto è ridotto ai più ordinari e massificanti: puttanata, cavolata e cazzata. Quando una cosa torna a fagiolo, i nostri vecchi dicono che va “a pipa di cocco”, mentre un oggetto che funziona bene è “una cannonata”. Per masticato si usava dire “biascicato” e “ciancicato”, il grugno era “il muso” (“lavati il muso!”), per indicare forza fisica e personalità anche “la ghigna” (“c’ha una ghigna che ci si spacca i sassi!”).

Un “malvone” è un pottaione (da malva, pianta), in pratica un furbacchione che sa come portare il cappello, mentre avere “il mal della nonna” significa addormentarsi spesso, forse perché le persone anziane dopo pranzo fanno la pennichella. Andiamo sul volgare: “avere la voglia della chiocciola” significa che quando è il momento di fare l’amore il pene si rimpicciolisce. “Sgangherato” vuol dire scalcinato, mal vestito, ridotto male, scalcagnato. “Sei mezzo sgangherato!” è una tipica esclamazione onomatopeica, ma si dice anche “uscire fuori dai gangheri” quando ci irritiamo e si perde il controllo. I gangheri, infatti, sono le rotaie di scorrimento di un carrello o di un altro mezzo meccanico. Se faccio “una partaccia” a una persona che ha fatto male un lavoro, in italiano le sto facendo una ramanzina o un rimbrotto. “Ficcalo” sta per mettilo, esempio agricolo proverbiale: “ficca in terra e spera in Dio!”. Tu pianta qualcosa, spera che cresca bene e che dia frutti, magari Dio ti aiuta. “Costi più te del Serchio ai lucchesi!” è equivalente a “mi costi più dell’orzo di Pianosa”, ma anche al poco politicamente corretto “costi più te d’un bimbo scemo”, mentre è simile “meglio fargli un vestito che portallo a cena!”. Lo “spunterbo” era la punta della scarpa cucita, quella che stava davanti alla tomaia, mentre il “toppone” stava dietro e il termine veniva usato anche per definire una persona poco perspicace: “Vieni qui, popo’ di toppone!”. “Hai un cervello che non se lo mangia nemmeno il maiale!” è un altro modo di dire dispregiativo, riservato a una persona che capisce poco. Pare giunto il momento per ricordare le scarpe di sugatto, di moda negli anni Cinquanta, economiche, fatte d’un materiale misto tra cuoio e plastica.

Un cibo flaccido e molliccicoso, in piombinese puro si dice “papposo”, così come da noi quando si dà di stomaco non si vomita ma “si rigetta”. Un “catorcio” a Piombino è il modo migliore per chiamare un troiaio, soprattutto un mezzo meccanico male in arnese, automobile o motorino, anche una vecchia bicicletta. La frangetta di capelli sulla fronte si chiama “zazzera”, mentre il “boccalino” è la tazza di metallo (alluminio) con il manico che corrisponde a un quartino, usata per bere il latte. La liquirizia a Piombino si è sempre chiamata “regolizio” (anche regulizio o rigulizio) ma non lo dice più nessuno. Lo “scatizzolo” è l’attizzatoio del camino, vista la sua funzione di smuovere il fuoco è un modo metaforico per definire un rompicoglioni.

Se a Piombino ti dicono che “sei molle come un pucino” vuol dire che sei fradicio, bagnato mezzo. Se chiedi un’opinione su un determinato avvenimento che mette in gioco due possibili opzioni, oppure tra due personaggi abbastanza discutibili, può capitare che ti rispondano: “Non lo so davvero. Tra il canchero e la rabbia!”. In definitiva si tratta di scegliere tra il cancro e la rabbia, comunque la rigiri si tratta di una cosa negativa. “Tutto spappolato” significa fatto a pezzi piccolissimi, mentre “spuppato” è il bimbo svezzato che si stacca dalla mammella materna, come se il vezzo è la collana, avvezzo è il tipo abituato a fare determinate cose. Termino con il verbo “sgattaiolare” (andare via rapidamente, fuggire), che forse è italiano, ma ci sta che non sappiate che deriva dalla gattaiola, il passaggio basculante ricavato nella porta per far uscire di casa il gatto.

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI

Tag
Iscriviti alla newsletter QUInews ToscanaMedia ed ogni sera riceverai gratis le notizie principali del giorno
L'articolo di ieri più letto
Usb: "Presenti e vigili in tutte le fasi del processo, affinché vengano rispettati tempi, criteri trasparenti e diritti dei lavoratori"
DOMANI AVVENNE
Offerte lavoro Toscana Programmazione Cinema Farmacie di turno

Qui Blog di Adolfo Santoro

QUI Condoglianze



Ultimi articoli Vedi tutti

Attualità

Attualità

Cronaca

Attualità