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Attualità domenica 31 gennaio 2021 ore 08:28

Staccia buratta

Foto di Riccardo Marchionni

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia “Staccia buratta” di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — La staccia buratta è un toscanismo riportato anche dall’Enciclopedia Treccani, unisce le parole staccia e buratta (abburratta), nella locuzione fare a staccia buratta che indica un gioco compiuto da un adulto con un bambino piccolo tenendolo sulle ginocchia e tirandolo per le braccia avanti e indietro con il movimento che si fa per burattare la farina, accompagnandolo con una filastrocca che comincia con le parole Staccia buratta, Martino della gatta...

Fin qui la Treccani, di fronte alla quale mi levo tanto di cappello e faccio pure un inchino, di fatto però la filastrocca Staccia buratta conta un quasi infinito numero di versioni, ogni paese ha la propria, oserei dire persino ogni nucleo familiare la racconta in modo diverso. In casa di mia nonna, da piccolo, mi sono sempre sentito cantare questi versi, insieme a una nenia cantilenante che accompagnava il movimento ondulatorio:

Staccia buratta gattina nella staccia,
Cecco velluto suonami l’imbuto,
suonamelo bene Gesù Bambino viene.
Viene da Roma ti porta la corona
d’oro e d’argento che vale millecento.
Centocinquanta la gallina canta,
canta il gallo risponde la gallina.
La fata birichina sta sulla finestra
con la ghirlanda in testa.
Passano tre fanti con tre cavalli bianchi,
bianca la sella, bianca la gonnella
e bianco il girasole viene un po’ di sole.
Sole solicello mi ci cascò l’anello.
Pesca ripesca e pesco un pesciolino
vestito di turchino
che andò dalla sua mamma
che lo buttò sotto il letto.
Letto rifatto e sotto c’era un gatto
che si torce dalle risa
buonanotte signoria.

Altra versione più breve, molto più maremmana, riferita da Selio Rocchi, che proviene da Tirli, in quel di Grosseto:

Staccia buratta Martino della Sassa,
faceva lo schiaccino con l’olio,
col sale, con la pipì del cane …
buttatelo in mare!

(a questo punto il bimbo che stai facendo saltare sulle ginocchia tenendolo per le mani viene spinto verso il basso a testa in giù)

Sono molte le versioni di Staccia buratta, filastrocca che non credo venga più cantata in nessuna casa piombinese. Vediamo se trovate quella che fa per voi, quella che ricorda meglio la vostra infanzia, tra quelle in forma breve che ho selezionato.

1.

Staccia buratta
gattina della gatta;
la gatta andette a colle,
tornò tutta molle;
molle, molliccia
fece una paniccia:
col pepe,
col sale,
con la pipì del cane!

2.

Staccia buratta
la micia e la gatta
la gatta e la micia
non portano camicia
ne portano un pezzettino
non è troppo per questo bambino!

3.

Staccia buratta
Martin va dalla gatta;
la gatta va al mulino
per fare uno stiaccino.
E suona mezzogiorno
esce il pane dal forno;
il pane è nel paniere
il vino nel bicchiere.
Passano due fanti
con due cavalli bianchi,
bianca è la sella...
addio bambina bella!

4.

Staccia buratta
il mulino va alla gatta,
la gatta va al mulino
per fare un focaccino,
con l’olio, col sale,
con l’acqua di mare;
mare maremma, insacca la penna;
la penna è già insaccata
e Matilde è affogata.

5.

Staccia buratta,
gattino della gatta;
la gatta va al mulino,
a fare lo stiaccino,
col pepe,
col sale,
con la pipì del cane.

6.

Staccia buratta,
domani facciamo la stiaccia,
la stiaccia e il pane
per venti settimane;
per venti e per quaranta
la gallina canta.
Canta gallina,
risponde la Caterina;
canta galletto,
risponde Benedetto.

7.

Staccia buratta
le belle donne in piazza
chi fila chi tesse
chi fa i maccheroni
al bimbo piaccion tanto,
ne farà tanti bocconi!

8.

Staccio buratto
Martino a cavalluccio
Martino andò al colle
e tornò tutto molle
molle o asciutto
non voglio aprire l’uscio
l’uscio non voglio aprire
casca giù a dormire.

La filastrocca ci riporta bambini, d’un tratto rivediamo una casa del quartiere operaio, un cortile annerito dal fumo delle ciminiere, una nonna che leggeva Grand Hotel, un nonno che fumava mezzo sigaro toscano. Erano i tempi che una nenia popolare riempiva il vuoto di lunghe giornate d’inverno, la nonna lasciava da parte il suo fotoromanzo e cantava, cullandoti dolcemente con le sue grandi mani.


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