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venerdì 01 novembre 2024

TURBATIVE — il Blog di Franco Bonciani

Franco Bonciani

Franco Bonciani, fiorentino, tecnico, docente e dirigente sportivo, gestore di impianti natatori. Con uno sguardo attento e scanzonato su quello che gli succede attorno

​I Trisome Games dei sopravvissuti

di Franco Bonciani - martedì 26 luglio 2016 ore 15:47

Giovedì sera abbiamo salutato alla Fortezza da Basso i Trisome Games, la prima edizione di una manifestazione pensata per dare l'opportunità ad atleti down di partecipare ad un evento di sport, tutti insieme, come avviene ad Olimpiadi e Paralimpiadi.
Il Comitato organizzatore locale ha chiesto alla Federnuoto un supporto per la preparazione e lo svolgimento della manifestazione di nuoto e nuoto sincronizzato, e così ci siamo dati da fare.
E' bene chiarire che noi delle piscine non siam gente normale. Io, forse, meno della media dei piscinari. La sola idea di una full immersion in un'avventura nuova, condivisa con quelle due o tre figure di sicuro affidamento, mi fruzzicava. Ma non ero preparato fino in fondo a sentirmi così coinvolto. A spostare ancora il mio punto di vista.

Ho visto, ho toccato, ho sorriso e parlato con quelli che sicuramente una volta nella vita anch'io ho chiamato "mongoloidi". Così come non mi sono risparmiato battute sui "finocchi", tanto per restare in tema di discriminazioni idiote (e la nemesi vendicatrice mi ha regalato un cognato adorabile e orgogliosamente omosessuale!). Sono persone, ragazze e ragazzi, donne ed uomini, punto. Capaci come altri di vivere intensamente un'esperienza fisica, intellettuale ed emotiva di gran livello. Atleti di valore e persone perbene. O anche atleti mediocri e stronzi, proprio come avviene fra noi normali. Certo, con una loro diversità, a volte evidente, altre meno, ma con una attitudine alla felicità meravigliosa.

Chi ha gareggiato nei Trisome è indubbiamente un down privilegiato, ha avuto la fortuna di nascere da genitori ed essere seguito da persone che l'hanno incoraggiato a trovare una strada, un cammino verso la gioia di vivere. Nello sport ha trovato una dimensione importante per affermarsi, per superare i propri limiti, crescere e migliorare, come atleta ed individuo. So che sembreranno considerazioni scontate, banali, ma non mi riesce levarmi dalla testa come ad altri sia andata peggio, siano stati considerati una iattura, un problema da eliminare in fretta dopo un'amniocentesi sgradita.
Ci sono poi quelli che hanno scelto di percorrere una strada più difficile, ma, visti certi volti, di atleti e accompagnatori, straordinariamente vittoriosa: un impegno duro, ma forse ci ha indicato la strada giusta da percorrere. Una via che, spesso, non è quella che sembra più facile: in ogni momento della manifestazione non potevo fare a meno di pensare che su quei blocchi di partenza, alla Costoli, ci salissero i sopravvissuti ad una sorta di strage genetica. 


L'altra considerazione è sul "perché" si siano fatti questi Trisome Games, sul perché ci sia stato bisogno di organizzare una manifestazione "apposta per loro", quando a Rio fra un po' ci saranno, oltre alle Olimpiadi, le Paralimpiadi.
Perché uno come Geoff Smedley, presidente del Down Syndrome International Swimming Organisation si sia trovato costretto a sognare e sia poi riuscito a realizzare questa manifestazione per disabili intellettivi e relazionali (che poi, se ne potrebbe discutere...). 

Atleti disabili discriminati da altri atleti disabili, almeno dalle loro organizzazioni. Detta così, sembrerà sicuramente una roba da facilone, qualcuno mi spiegherà che la distinzione ha un suo perché o più di uno, e figurarsi se mancano elementi oggettivi al supporto di una tesi che preveda l'esistenza di parrocchie diverse, a seconda della disabilità.

Resta il fatto che provo personalmente enorme imbarazzo nel constatare come le parrocchie esistano, ed il mio "I have a dream" è quello di pensare che esiste un nuoto, il nuoto, e che discriminare, dividere, escludere non mi piace e mi aspetto di meglio, e di più.

Nel 2005, in viaggio turistico in una Londra che si preparava a ricevere l'assegnazione delle olimpiadi 2012, mi stupì non poco di trovare nella città, a sostegno della candidatura, pubblicità ed immagini in pari misura, che ritraevano campioni olimpici e paralimpici: pari spazio, pari dignità. Mi stupiì per qualcosa che invece avrebbe semplicemente dovuto essere normale.

In Australia (stessa cultura sportiva della perfida Albione...) quando si disputano campionati o selezioni nel nuoto per le manifestazioni internazionali più importanti, le competizioni durano parecchi giorni. Si alternano le gare dove partecipa chi magari vincerà le Olimpiadi a quelle per i disabili (che magari vinceranno le Paralimpiadi). Un po' come se fra i 200 stile libero di Federica Pellegrini ed i 1.500 di Gregorio Paltrinieri ci fossero i 200 farfalla di Maria Bresciani o i 50 rana di Roberto Baciocchi. Stessa vasca, stesso scenario, stesso pubblico.

Questione di cultura, di civiltà, magari anche di impianti adeguati, in grado di ospitare e dare spazio a tutti. Servono risorse disponibili, certamente, ma vale la pena trovarle: alla lunga ritornano moltiplicate in termini di benessere e civiltà. Dobbiamo prenderne coscienza, ed agire di conseguenza.

Iniziamo a parlarne: la Federazione Italiana Nuoto sta già facendo importanti passi avanti per una diffusione di questa cultura. E del resto, se la FIN non me lo avesse chiesto, non sarei qui a scrivere di Trisome Games.

Franco Bonciani

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