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Attualità domenica 28 febbraio 2021 ore 10:30

Le case nuove di via dell’Indipendenza

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia Gordiano Lupi raccoglie i ricordi di Annamaria Tognarini e dedicati all'infanzia in via dell'Indipendenza



PIOMBINO — Torniamo negli anni Cinquanta vissuti da Annamaria Tognarini, che poi sono il nostro passato, tra palazzi in costruzione e macerie, strade che cominciavano a delinearsi, quartieri che modificavano il loro aspetto, fabbriche che davano un volto diverso alla città. I ragazzi giocavano a campana, si rincorrevano per strada, i maschi facevano a sassate mentre le bimbe si dedicavano a giochi più tranquilli, le mamme lavoravano in casa e di sera chiacchieravano sedute su sedie impagliate fuori dai portoni. Era un mondo diverso, popolato da strani personaggi che emanavano un fascino peccaminoso per i bambini del tempo, individui che i genitori cercavano di tenere lontani, ma era impossibile. Era un mondo che nei primi anni Sessanta - da me vissuti - cominciava a modificarsi e stemperava la sua realtà, conservando comunque fascino e mistero… 

Gordiano Lupi

Le case nuove di via dell’Indipendenza

In quel periodo stava terminando ed in parte era ancora in corso la costruzione dei palazzi del Comune: prima quelli di via Leopardi e di via dell’Indipendenza, poi via Dalmazia e via De Amicis. Inoltre veniva costruita anche qualche casa privata come la nostra sulla terra del Bianchi. Pian piano sparivano gli orti! Ma c’era fame di alloggi per i piombinesi rimasti senza casa che andarono ad abitare i nuovi appartamenti e addirittura le cantine degli stessi palazzi.

Per noi il periodo della costruzione fu un momento di vita selvaggia, caratterizzato da scorribande, battaglie e scoperte di zone nuove senza rendersi conto dell’enormità dei pericoli che correvamo. Sfuggivamo ai nostri genitori dicendo che si andava giù, cioè in strada a giocare, cosa che allora era normale perché i babbi lavoravano con i turni scanditi dalle sirene degli Stabilimenti e le mamme stavano in casa con i più piccoli a cucinare, lavare, cucire, curare gli anziani e pulire la casa … tutto a forza di braccia. Quindi era normale vivere per strada, tutti assieme anche per i grandi che si ritrovavano fuori dei portoni nelle belle serate a sedere sulle sedie portate da casa a chiacchierare. Ricordo con piacere questi momenti sereni con i miei genitori, la nonna e gli zii… Come ridevano tra loro mentre noi ci rincorrevamo per strada o giocavamo a campana sul marciapiede, dopo aver trovato la giusta ciastrella, che poteva essere una frammento di mattonella o un sasso liscio: fortunato chi la trovava di marmo perché scivolava perfettamente sul marciapiede, che era piastrellato e delimitava bene i riquadri della campana disegnati con il gesso.

Era vita, in un mondo di cose interessanti e di grandi rischi. Uno di questi erano le famose fosse di grassello, cioè di calce viva raccolta in fosse a livello del terreno, senza protezione e che ci attiravano come miele! Eravamo attratti dalla facilità con cui ogni cosa spariva nella fossa dopo aver rotto la superficie lucida e liscia. Ci si buttava di tutto: dai sassi alla legna dopo che gli operai erano andati via e un giorno l’ho vista inghiottire il mio vecchio triciclo gettatovi da mio cugino Giancarlo, più piccolo di me ma già attivo e apprezzato dal gruppo. Lo aveva recuperato non so dove il mio nonno materno morto da un anno, io l’amavo anche se tutto rugginoso e per me piccino, perché eccetto una palla di gomma non avevo altri giocattoli. Per inciso anche la palla mi fu rubata da qualcuno della banda e non l’ho più ritrovata!

Giravano personaggi strani che attiravano noi ragazzi come la luce le falene: saltimbanchi, giocolieri, suonatori che vagavano da un posto all’altro spinti dalla povertà e dal bisogno. Vivevano per strada poverissimi, anche famiglie intere, con vari bambini arrangiandosi con quello che noi si chiamava teatrino. Ricordo in particolare una famiglia che arrivò non si sa da dove su un camioncino sgangherato e si accampò nella zona del cantiere di via Leopardi. Era estate, la sera andammo tutti portando le sedie da casa sullo sterrato a vedere qualche semplice esercizio di equilibrismo e da giocolieri, eseguiti dai figli più grandi, un maschio e una femmina, mentre il capofamiglia suonava un vecchio violino. L’illuminazione era fornita da due bracieri e da una o due lampadine con un attacco volante alla corrente di cantiere. Sotto una tenda, dietro il furgone, cucinavano, mangiavano e tenevano i bambini più piccoli! Noi bimbi eravamo particolarmente attratti da quelle persone, ma i nostri genitori ci raccomandarono di non frequentarli. Rimasero solo un paio di giorni, ospiti non graditi dal cantiere, poi ripartirono per dove non sapevamo, lasciandosi dietro un’atmosfera per noi magica, in verità di fame, miseria e tristezza.

Gordiano Lupi
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