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Attualità domenica 05 settembre 2021 ore 08:19

​Tra il lusco e il brusco

Piombino (Foto di Riccardo Marchionni)

Su #tuttoPIOMBINO di QUInews Valdicornia "Tra il lusco e il brusco" di Gordiano Lupi. Foto di Riccardo Marchionni



PIOMBINO — Un aggettivo del tutto inventato che ho sentito dire in casa mia molto spesso è marzoccone, riferito a una cosa grezza, rozza, soprattutto a un cibo indigesto. Questa pasta è proprio marzoccona! Si dice pure di una persona grassa e robusta: Quest’uomo è un bel marzoccone!

Se non è un lupo è un can bigio fa il paio con il proverbio che di notte tutti i gatti son bigi, ma è più specifico, indica il fatto che si tratta di due cose molto simili, un po’ come quando si afferma (in senso dispregiativo) che cencio dice male di straccio. Cencio e straccio sono la stessa cosa, due strofinacci per pulire, in questo caso sono due tipi che si comportano in modo identico, poco precisi allo stesso modo, fanno la stessa confusione, agiscono in modo approssimativo, ma uno dice male dell’altro. Per esemplificare al massimo, sarebbe un po’ come se mia figlia facesse notare a mio figlio l’estrema incuria con cui manda avanti la sua camera. 

Passando a certi termini tipici dei pescatori, tanti anni fa andava di moda il detto: le boghe, pescane tante e mangiane poche! Le boghe sono un pesce molto facile da catturare, ricordo un mio amico soprannominato Anfri (scritto come si pronuncia, ma il nomignolo derivava da Humprey Bogart) perché pescava solo boghe. Certo, il sapore delle boghe ricorda il fango, la loro carne è davvero poco pregiata, quindi il consiglio di mangiarne poche non è sbagliato. Poi ci sono persone da bosco e da riviera, che tutto va bene, tanto per introdurre un altro modo di dire, che mangiano pure le boghe, basta buttare giù qualcosa e saziare l’appetito. Forse le boghe fanno pure allappare la lingua, altro verbo che ho sentito pronunciare solo nella Toscana che profuma di Maremma, nel senso che una cosa ha un sapore aspro, di frutta acerba, al punto che allappa tutto, anche la bocca. 

Certo le boghe non costano più dell’orzo di Pianosa, tutt’altro, il loro prezzo è modesto, mentre il popolare detto era riferibile a imprese temerarie, dove il costo era maggiore del ricavo. Il detto è sicuramente elbano, saggezza popolare del passato, quando la raccolta del grano sull’isola era scarsa perché a oriente quasi tutti facevano i minatori. Fino al 1835 i contadini marcianesi e campesi si recavano a Pianosa a coltivare il grano e l’orzo, ma dovevano pagare una tassa piuttosto alta e la resa della coltivazione era modesta. Ancora oggi si usa dire: mi costa più dell’orzo di Pianosa! quando si spende molto per ottenere poco. 

Farla lunga come la novella dello Stento riporta invece ai tempi in cui eravamo piccoli e la nonna ci chiedeva se volevamo sentire la novella dello Stento, il cui incipit era: Questa è la novella dello Stento che dura tanto tempo. Te l’ha di’ o te l’ha racconta’? Qualsiasi cosa si rispondesse, la novella dello Stento proseguiva sempre con un non si dice dimmela (raccontamela) alla novella dello Stento che dura tanto tempo … Va da sé che il modo di dire si riferisce a qualcosa che si ripete in modo noioso e monotono, di un affare che non giunge mai a conclusione. 

Sai cosa? Hai scoperto il buco alla cisterna! Esclamazione tipica di chi si rende conto che l’interlocutore ha detto una cosa ovvia, risaputa, pronunciata per significare il contrario di quel che si sta dicendo, insomma che si è scoperto una cosa che tutti sanno. In ogni caso è importante, quando si mangia, non murare mai a secco, termine desunto dal manuale del bravo edile che non dimentica mai di bagnare la calcina, così bere un po’ di vino ai pasti non può che far bene alla digestione e dare gusto dei cibi. 

Finiamo così, tra il lusco e il brusco, a mezza luce, in penombra, come nelle prime luci del mattino o della sera. Tra il lusco e il brusco, in modo confuso e vago, mica tanto sicuri che tutto quel che riportiamo appartenga al vocabolario piombinese, perché tanto del nostro vernacolo è fiorentino e labronico. Riportiamo anche le fonti colte di questo modo di dire. Lusco deriva dal latino luscus, che significa guercio da un occhio; brusco è quella situazione di luce fioca e incerta, tipica dell’imbrunire. Finiamola così, allora, tra il lusco e il brusco

Gordiano Lupi
© Riproduzione riservata


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