Ambiente e patrimonio culturale
di Franco Cambi - domenica 26 febbraio 2017 ore 09:00
Forse, anzi, sicuramente, si tratta di cose dette e ridette. Ma, forse, giova ripeterle.
Nel nostro mondo profondamente antropizzato e diffusamente globalizzato non esistono più separazioni fra ambiente naturale e patrimonio culturale. Danneggiando l’ambiente, si danneggia anche la cultura e viceversa. Migliorando l’uno, si migliora l’altro. Investendo nell’uno, le ricadute valgono anche per l’altro. Per questo motivo, trovo più utile parlare di patrimoni territoriali o paesaggistici, in essi comprendendo i diversissimi aspetti che compongono questi insiemi, ciascun aspetto con le proprie specifiche competenze. Come nel caso di un paziente affetto da un male misterioso, servono sicuramente medici specialisti di questo o quell’organo o di questa o quella patologia ma serve anche chi faccia delle osservazioni generali e apparentemente banali: misurare la temperatura, auscultare il torace, tastare la pancia e chiedere al paziente quali malattie ha avuto in passato.
Molti patrimoni territoriali (o paesaggistici) sono oggi come pazienti trascurati. La terapia non si può stabilire perché manca la diagnosi e la diagnosi non ci sarà finché non verrà delineato un quadro clinico soddisfacente. Se l’esempio clinico non vi piace, si può fare l’esempio di un atleta potenzialmente formidabile che, però, fuma, mangia troppo, si allena poco e male e alla fine delude sempre.
Capita spesso che si pianga per la perdita di questo o quel monumento, di questo o quel contesto di particolare pregio ambientale. Guarda caso, si piange sempre dopo che il malato si è aggravato irrimediabilmente o addirittura quando è morto. Meglio dei luoghi ricchissimi (o come tali percepiti) di emergenze ambientali e culturali vanno i luoghi poveri (o come tali percepiti) di queste, proprio perché in certo senso costretti a farne valore aggiunto in tutti i modi. Emergenze che sarebbero considerate altrove un freno allo sviluppo urbanistico diventano attrattori formidabili per il turismo culturale ed esperienziale. E’ questo il caso, fra i molti, del Parco Minerario del Monte Amiata, ad Abbadia San Salvatore. A fronte della sempre più profonda crisi del turismo invernale, acuita dalle sempre più scarse e occasionali nevicate, proprio le storie e le archeologie della miniera sono diventate motivo di forte attrazione e di valorizzazione di quel contesto sociale, economico e culturale.
E’ impossibile costruire il futuro a prescindere dal passato, questa è cosa risaputa. Ma è altrettanto difficile decidere che cosa fare di un patrimonio culturale vasto e ricco senza conoscerlo. Ci sono cose sopra la terra che vediamo e che crediamo di conoscere. Poi ci sono cose sottoterra che non abbiamo mai visto, centinaia e migliaia di prodotti del vivere umano che non conosciamo e che forse non conosceremo mai.
Bisognerebbe partire da un monitoraggio di quello che si sa, che vada oltre le specifiche criticità e i confini amministrativi e registri i rischi di degrado in corso o imminenti. Servono sistemi informativi digitali messi in rete (web-gis), possibilmente a disposizione di tutti, perché tutti (cittadini, scuole, imprese, associazioni) possano avere una idea, anche generale, di tutto quello che c’è e di quanto poco noi conosciamo, di questo tutto. Questa struttura va realizzata di concerto e seguendo le indicazioni delle competenti Soprintendenze. Bisogna, però, mettere seriamente al lavoro una squadra di giovani (storici, archeologi, geologi, storici dell’arte) che costruisca questo sistema informativo, che potrà arricchirsi rapidamente, diventando anche strumento di valorizzazione, di comunicazione e di promozione a beneficio dei turisti. Su questo punto sarà facile trovare convergenze forti fra imprese, associazioni, scuole, università, semplici cittadini. C’è in questo momento una diffusa sete di conoscenza e una fortissima voglia di andare avanti e di investire nel futuro, smettendo di guardare strabicamente al passato e superando la frustrazione di non potere trasformare i beni ambientali e culturali anche in attrattori turistici. E’ la politica che deve decidere e credo debba farlo anche rapidamente e nell’interesse delle comunità amministrate.
Franco Cambi