Netanyahu a Roma, un viaggio complicato
di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - mercoledì 08 marzo 2023 ore 09:00
La visita di stato di Benjamin Netanyahu in Italia, prevista per il fine settimana, già prima di iniziare ha creato qualche seccatura di troppo al longevo premier israeliano. L'imbarazzo per la scelta dell'equipaggio del volo che si è rifiutato di decollare, ed è stato rimpiazzato dalla compagnia di bandiera El Al. Poi la notizia che il movimento anti-governativo ha indetto uno sciopero per impedire il viaggio. Si tratta di un periodo decisamente turbolento per “il falco” della destra israeliana, tornato al governo lo scorso dicembre dopo aver vinto le ultime elezioni politiche.
In Israele da settimane si susseguono manifestazioni di protesta di massa, il paese è in ebollizione. Viaggiano su binari opposti la fazione pro e contro il leader del Likud e il suo governo a trazione nazional-religiosa. A inasprire il dibattito il contenzioso sulla riforma giudiziaria proposta dal ministro Yariv Levin, che non piace ad una larga fetta di opinione pubblica. Per i critici si tratta di un attentato al sistema che mina le fondamenta della democrazia liberale, per i favorevoli invece un'opportunità di cambiamento che rafforza i valori della democrazia.
In pratica, se non modificata la riforma andrebbe a ridurre la capacità di interferenza della Corte Suprema sulle decisioni della Knesset e dell'esecutivo, indebolendo in questo modo il meccanismo di bilanciamento dei poteri istituzionali (Israele è sprovvisto di costituzione). Inoltre, si eliminerebbe un ostacolo a Bibi, imputato in tribunale nei processi per corruzione ed abuso di potere, sulla via che porta diritto all'immunità. Inutile, ad oggi, è risultato ogni tentativo del presidente Isaac Herzog di conciliare le parti. Seppure, in queste ore lo stesso Herzog ha annunciato di essere vicino ad una possibile soluzione di compromesso tra maggioranza ed opposizione. Lo spazio di manovra è minimo, tortuoso e molto delicato.
Le politiche del governo più a destra della storia di Israele ricalcano il percorso autocratico introdotto in Ungheria da Vicktor Orbán. Netanyahu non ha mai nascosto la propria affinità “intellettuale” al leader magiaro. Connubio che trae ispirazione dalla piattaforma ideologica del gruppo di Visegrád. A cui guardano disparati movimenti e governi, tra cui l'Italia della Meloni e Salvini. Coacervo di euroscetticismo, anti-europeisti, nazionalisti e populisti, di simpatie putiniane e trumpiane, con derive e venature razziste, dichiaratamente anti-arabo e Lgbt. La futura “grande” Visegrád, con l'appoggio o adesione di Roma e Gerusalemme, è già uno scenario alternativo a Bruxelles.
Tuttavia, il messaggio di quanto sta avvenendo “nell'unica democrazia del Medioriente” è chiaro: la spaccatura nella società è profonda. Per comprendere a pieno la reale minaccia alla libertà e ai diritti ci sarà da soppesare anche l'evoluzione diplomatica, a partire proprio dall'esito dell'incontro tra Netanyahu e la Meloni. Roma e Gerusalemme sono attratte dal richiamo ammaliatrice di Budapest, faro della destra conservatrice mondiale. Ma potrebbero restarne intrappolate.
Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi