Bertrand Russell, le televisioni di Berlusconi e l’ADHD
di Adolfo Santoro - sabato 15 giugno 2024 ore 09:00
L’età in cui i bambini interagiscono regolarmente con i media è scesa dai quattro anni nel 1970 ai quattro mesi di oggi. Ricerche recenti indicano che l’uso dei media su schermo può avere gravi effetti negativi sulla salute dei bambini nel lungo termine: ha aumentato la probabilità che i bambini diventino obesi o predispone a disturbi alimentari ad esordio tardivo, che abbiano problemi comportamentali (conflitti genitore-figlio, comportamento aggressivo e/o antisociale, disturbo dell’umore o iperattività), irregolarità del sonno, scarso rendimento scolastico, disturbi del linguaggio, dell’abilità motoria e dello sviluppo cognitivo con scarso rendimento scolastico. Queste negatività del multitasking mediatico perdurano fino all’adolescenza quando limitano il funzionamento esecutivo (in particolare, la memoria di lavoro e la capacità di passare da un compito all’altro).
Ma ancora più precoci e preoccupanti possono essere gli effetti a breve termine sullo sviluppo del linguaggio e sullo sviluppo delle competenze socio-emotive!
I primi anni dell'infanzia sono cruciali per l'acquisizione delle competenze linguistiche e i bambini sviluppano vari aspetti del linguaggio, tra cui il vocabolario e la fonologia. Queste abilità, in una società sana, vengono acquisite attraverso le interazioni con gli adulti; numerosi studi hanno evidenziato l’importanza dell’interazione umana, in particolare della frequenza e della qualità degli scambi tra adulti e bambini, nello sviluppo delle abilità linguistiche. Tuttavia, altrettanti studi hanno evidenziato che il tempo trascorso davanti allo schermo riduce la quantità e la qualità delle interazioni tra i bambini e i loro genitori, cui consegue la riduzione delle possibilità per il bambino di esercitare e sviluppare le proprie abilità linguistiche. Studi condotti su bambini molto piccoli indicano che l’uso dello schermo è un fattore di rischio indipendente per la riduzione del benessere psicologico. Uno studio mostra che una maggiore esposizione alla TV tra i sei e i 18 mesi di età era associata a reattività emotiva, aggressività e comportamenti esternalizzanti.
La stragrande maggioranza dei bambini incontra per la prima volta gli schermi prima dei due anni. I bambini passano una media di 53 minuti davanti allo schermo all’età di 1 anno e a 3 anni la media supera i 150 minuti. L’American Academy of Pediatrics sconsiglia di esporre bambini e neonati di età inferiore ai 18-24 mesi a qualsiasi media digitale e sconsiglia l’utilizzo dei media da soli. Si consiglia ai bambini di età compresa tra due e cinque anni di non trascorrere più di un’ora al giorno davanti agli schermi. I genitori dovrebbero accompagnare i propri figli, aiutarli a comprendere ciò che stanno vedendo e ad applicare le conoscenze acquisite all’ambiente circostante. Tuttavia, la ricerca indica che dal 40 al 50% dei bambini di età compresa tra 3 e 6 anni utilizza gli schermi per più di due ore al giorno. Soprattutto negli ultimi anni con l’epidemia di COVID-19, la percentuale di bambini in età prescolare che utilizzano gli schermi per più di due ore al giorno è salita all’84,1%.
Per una valutazione accurata del fenomeno è stato elaborato lo ScreenQ, che è una misura riferita dai genitori, composta da 16 elementi, divisi in 4 domini:
1) accesso agli schermi (presenza del device nella camera dove il bambino dorme, proprietà personale del device, utilizzo durante i pasti, uso durante le serate prima del giorno dopo scolastico, uso durante l’attesa)
2) frequenza di utilizzo (età in mesi dell’uso per la prima volta, ore di uso durante il giorno, quanto spesso è usato prima di addormentarsi, quanto spesso è usato per calmarsi)
3) contenuto multimediale (violento/aggressivo, supervisione nella selezione dei media, ritmo più lento o più veloce, intrattenimento o educazione)
4) co-visione tra caregiver e bambino (uso solo con TV, uso solo con videogames, riflessione durante l’uso, riflessione dopo l’uso).
I risultati parlano da soli: più alti sono i punteggi ScreenQ, più gravi tendono ad essere i sintomi autistici e più ritardato lo sviluppo dei bambini con ASD negli ambiti personale-sociale, uditivo-parlato e nella coordinazione occhio-mano.
Il disturbo dello spettro autistico (ASD) è un disturbo dello sviluppo neurologico caratterizzato da difficoltà nell’interazione sociale, nella comunicazione (sia verbale che non verbale), interessi limitati e attività ripetitive. La prevalenza dell’autismo è di 1 su 36, con un andamento progressivo nel tempo. Questi dati impongono una domanda: la causa dell’ASD, la cui incidenza è in netto aumento negli ultimi decenni - in coincidenza dell’invasione nelle case della televisione commerciale e dell’invenzione dei canali destinati ai bambini, che sono ottimi consumatori -, è stata imputata a fattori genetici, ma non è che pensare alla causa genetica è una banale scusa per deresponsabilizzare genitori, famiglie e società? Nello sviluppo iniziale dei bambini con ASD, un importante fattore ambientale è l’esposizione allo schermo elettronico. Rispetto ai bambini con sviluppo tipico, i bambini con ASD tendevano a presentare un'età più precoce di esposizione ai dispositivi di schermo e ad avere un'esposizione allo schermo più lunga (3,34 ± 2,64 ore contro 0,91 ± 0,93 ore), anche più di 3 ore al giorno. Alcuni studi hanno suggerito che i bambini che utilizzavano i dispositivi elettronici più frequentemente avevano molte più probabilità di sperimentare problemi comportamentali e sintomi simili al disturbo dello spettro autistico. Un tempo trascorso davanti allo schermo più lungo a 1 anno di età era sostanzialmente correlato con una diagnosi di ASD a 3 anni di età, secondo uno studio giapponese che ha esaminato la relazione tra il tempo di esposizione davanti allo schermo nei bambini a 1 anno di età e ASD a 3 anni di età.
Altri studi di coorte dimostrano, inoltre, che l’esposizione ai media digitali nei primi tre anni di vita è associata a una successiva elaborazione sensoriale atipica: l’esposizione allo schermo a 12 mesi di età era associata a un aumento di 2 volte delle probabilità di una bassa registrazione degli stimoli, di una bassa esplorazione di sensazioni e della loro ricerca, di un alto evitamento delle sensazioni. A 18 mesi di età, queste tendenze erano confermate, ma a 24 mesi di età, aumentava il rischio della ricerca di un eccesso di sensazioni, di attivazione di una sensibilità sensoriale e dell’evitamento di alcune sensazioni. Tutti fattori che predispongono al Disturbo del Deficit di Attenzione ed Iperattività (ADHD). Non c’è dunque da meravigliarsi rispetto a questo esito, perché la velocità delle immagini deforma il senso della realtà del bambino: lo schermo della televisione invia dei segnali luminosi a una velocità che il cervello umano non riesce ad elaborare, l’eccessiva quantità di informazioni che arrivano al nostro cervello non viene filtrata e viene inviata direttamente al subconscio senza che i dati vengano percepiti; ne consegue che anche l’adulto entra in uno stato di trance e si paralizza. Questo bombardamento interferisce nel bambino con lo sviluppo dell’”inner speech”, la costruzione del discorso, il passaggio da quello che si sente dentro a quello che si esprime, attraverso il quale un bambino impara a pensare attraverso i problemi, i progetti e la riflessione. I danni diventano ancora più evidenti all’età di 7 anni.
Non ho dubbi rispetto al fatto che l’evoluzione, la cultura – soprattutto quella “occidentale” -, i retaggi transgenerazionali, le storie familiari e le storie personali abbiano favorito lo slittamento della centrale delle funzioni esecutive della persona verso il cervello sinistro. Ne è conseguita la perdita della mediazione dell’immaginazione e delle emozioni. Ne è conseguita la dipendenza dal contesto ed, in ultima analisi, dal potere. Tutto questo circuito perverso sollecita in questo modo l’impulsività irriflessiva, propria del “popolo sovrano”. Succede così che i genitori di tutto il mondo continuano ad affidarsi alle televisioni, ad “amare” Berlusconi e le sue versioni più aggiornate, a cercare cause nei vaccini o soluzioni farmacologiche, ma non si assumono la responsabilità di essere consapevoli della stupidità – loro e della società condivisa - e dei danni che continuano ad arrecare ai loro figli.
Ma allora, quale consiglio dare, ad esempio, ad un genitore di un figlio con ADHD?
Che bisogna ricominciare da capo, bisogna morire e rinascere! Anche nel cervello ADHD c’è la possibilità della plasticità cerebrale. Oltre a limitare l’uso di televisione e device, occorrerebbe ricominciare da quelli che si chiamano i “prerequisiti della comunicazione”: il contatto visivo, l’intenzionalità comunicativa, l’attenzione condivisa, il rispetto dei turni, l’imitazione, i gesti comunicativi, il gioco simbolico. Ma lo sviluppo di questi prerequisiti fanno parte di una psicoterapia faccia-a-faccia, cui si dovrebbero sottoporre, prima che i genitori e i loro figli, i politici e gli altri rappresentanti del potere, la cui incompetenza etica, comunicativa e di visione è, in realtà, la radice dei problemi. È il gioco sado-masochistico del potere che ha trasformato, anche attraverso televisioni e device, la democrazia in popolo, dove funziona la minoranza sadica dei violenti che eleggono la propria oligarchia illudendosi così di partecipare, mentre la maggioranza masochista e disillusa non partecipa più, anche se continua a subire il fascino televisivo. L’autismo, l’ADHD, ma anche le psicosi e le psicopatie e tutti i fenomeni che coinvolgono lo slittamento cerebrale nell’emisfero sinistro sono solo la punta dell’iceberg dell’”identità”, mantenuta a spese degli altri.
Come si fa a non essere d’accordo, allora, con il radical-chic Betrand Russel quando affermava: “Gli uomini nascono ignoranti, non stupidi; la stupidità è il risultato dell’educazione … È stato detto che l’uomo è un animale razionale. Per tutta la mia vita ho cercato le prove che possano dimostrarlo ... Il fatto che un’opinione sia ampiamente condivisa, non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, è più probabile che un’opinione diffusa sia cretina anziché sensata ... A me sembra che tutti con pochissime eccezioni facciano un cattivo uso del potere e di conseguenza la cosa più importante è distribuire il potere quanto più si può e non dare un immenso potere a una piccola cricca ... Il potere è dolce, è una droga. Come per quest’ultima, il desiderio cresce con l’abitudine ... La prima necessità è rendersi conto dei mali del mondo ... Acquisire un’immunità all’eloquenza è della massima importanza per i cittadini di una democrazia ... Il passo successivo [in un movimento fascista] è quello di affascinare gli sciocchi e mettere la museruola agli intelligenti, con l’eccitazione emotiva da un lato e il terrorismo dall’altra ... Molte persone preferirebbero piuttosto morire che pensare, infatti è quello che fanno.”?
Adolfo Santoro