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martedì 19 marzo 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​Il metano ci dà una mano nel suicidio del pianeta

di Adolfo Santoro - sabato 01 ottobre 2022 ore 08:00

La conseguenza dell’atto di sabotaggio ai gasdotti Nord Steam è il rilascio di 80mila tonnellate di gas serra, con formazione di una nuvola enorme che si espanderà anche sull’Italia. Ma non voglio qui scrivere dell’attentato ai gasdotti, né della ricerca del colpevole? L’imperialismo russo? O, piuttosto, l’imperialismo americano disposto a fare “carte false”, come in Iraq, per colpire la Germania (e l’Europa) impedendo la ripresa dei rapporti con la Russia? Non voglio qui scrivere del fatto che il “governo Draghi” ha “eseguito” le direttive degli USA: guerra per fiaccare l’orso russo, riarmo, politica energetica basata su gas “americano” e nucleare, impoverire l’Europa. Non voglio neanche scrivere del fatto che le prospettive del nuovo possibile governo italico sembrano continuare ed aggravare le caratteristiche del “governo Draghi”: l’essere “polacco” e “americano”, guerrafondaio (Crosetto, il padre spirituale della Meloni, ha larghi interessi nell’industria delle armi), filo-gas e filo-nucleare.

Voglio, piuttosto, chiedermi: ma ENI e i governi filo-imperialisti hanno imparato qualcosa da quello che è successo col Nord Stream? Hanno imparato che, in un’epoca di possibile uso a scopo offensivo di “nucleare strategico”, di “cannoni transcontinentali”, di “droni”, che colpiscono in modo “intelligente”, la produzione di energia “centralizzata” è assolutamente controindicata? Hanno imparato che la produzione di energia deve essere periferica, deve identificarsi il più possibile col consumatore? Hanno imparato che le Comunità energetiche promosse dai Comuni sono la via sana per una vita al di fuori del terrore della “guerra fredda” e che le filiere “a chilometro zero” (di fotovoltaico, idrogeno, eolico, riserve idriche o produzione alimentare) sono la via di risoluzione energetica contro il terrore di dipendere dalle superpotenze.

Il gas naturale è, come petrolio e carbone, un combustibile fossile, ma è stato spacciato come combustibile “ponte” per agevolare la transizione a un futuro energetico a zero emissioni di carbonio: nel 2019 la British Petroleum ha speso milioni di sterline per favorire questa narrazione. Il presupposto di questa narrazione è che le emissioni totali di carbonio da gas naturale sono minori di quelle da carbone e petrolio. Ma negli ultimi anni una serie di studi scientifici ha messo in discussione questo presupposto, principalmente considerando quanto gas va disperso durante il processo di produzione, trasporto e raffinazione: oltre al fatto che il costo economico è diventato insostenibile e determina ormai miseria diffusa nella popolazione europea, l’insostenibilità ambientale del gas naturale è diventata sempre più evidente.

Il gas naturale, e con esso il metano che è il suo principale componente, è un gas serra, che resta nell’atmosfera per 12-40 anni, che sono meno dei 500 anni della CO2: questo sarebbe un vantaggio se avessimo tempi infiniti per la “transizione energetica”, ma il riscaldamento è ora e già il prossimo anno potrebbe essere troppo tardi! Se inoltre si considera un periodo di 100 anni, il suo potenziale contributo al riscaldamento globale è di 25-80 volte superiore di quello della CO2. Oltre alle flatulenze degli animali di allevamento (il metano deriva dalla loro digestione del cibo, per cui anche per questo è bene non mangiare carne) e allo scioglimento del permafrost siberiano (causato dal climate change), il metano nell’atmosfera deriva dai processi di estrazione, trasporto e raffinazione del gas naturale, che nel 2020 era stimato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), un organismo intergovernativo, come equivalente a 5200 milioni di tonnellate di CO2. Le emissioni indirette del petrolio sono tra il 10% e il 30% delle emissioni dell’intero ciclo di vita, mentre quelle del gas naturale sono tra il 15% e il 40%.

Già a livello di estrazione si ritiene che avvenga una perdita in atmosfera del 2% di gas. Le cose sono ancora peggiori col gas “americano” estratto col fracking (che consiste nello spremere, utilizzando anche sostanze chimiche pericolose, il gas dalle rocce pompando acqua sotto pressione): in questo caso, oltre alla dispersione del gas nei terreni (il gas lo si ritrova nell’acqua potabile proveniente dalle fade acquifere circostanti,) la dispersione del gas nell’aria è valutata attorno all’8% da uno studio dell’Università di Cornell. C’è poi da tener conto che il fracking ha dei limiti di produzione: dopo tre anni il ricavo di una trivellazione di fracking il ricavo di gas cala dell’85%, per cui occorrono periodiche continue trivellazioni.

Non esistono studi precisi sulle perdite di gas in atmosfera durante il trasporto in forma gassosa (gasdotti) o liquida (navi metaniere) e durante il consumo, ma secondo l’Energy Watch Group (una rete globale di scienziati e parlamentari senza scopo di lucro) le emissioni aggiuntive di metano compensano qualsiasi risparmio di CO2.

Ma c’è un nemico più invisibile del gas: il greenwashing, che in Italia si chiama “Eni”, che intende continuare a produrre gas fossili e rimediare catturandoli e sequestrandoli sotto terra; questo processo, oltre ad essere poco logico, è pericoloso dal punto di vista ambientale, molto costoso e richiede un forte sviluppo con molti interrogativi, perché è ancora a livello di ricerca. Eni, nel suo piano strategico al 2023, intendeva mettere investire quasi 30 miliardi nel gas e solo 2,6 miliardi per le energie rinnovabili.

La politica italiana, largamente influenzata da questo atteggiamento dell’Eni, è cieca ad ogni evidenza e non legge l’Economist, secondo il quale la vera transizione, quella da attuare per tamponare l’emergenza climatica dei prossimi 10-15 anni, non è nel metano, ma nel drastico ridimensionamento del metano, che, per l’IEA, dovrebbe scendere del 35% al di sotto dei livelli del 2010. 

Adolfo Santoro

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