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sabato 20 settembre 2025

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​La virtù secondo Confucio e Xi (seconda parte)

di Adolfo Santoro - sabato 20 settembre 2025 ore 09:00

La crescente importanza della Cina nel panorama degli Stati contemporanei e la dichiarazione di Xi circa la continuità tra il pensiero di Confucio e la Cina moderna impongono l’approfondimento della cultura cinese allo scopo di comprendere l’evolvere dei rapporti culturali, economici e politici del mondo attuale.

Confucio è il nome latinizzato di Kongzi o Kongfuzi, che visse a cavallo tra il sesto e il quinto secolo avanti Cristo. Con lui inizia la storia letteraria e filosofica cinese: la sua opera, trascritta dai suoi discepoli soprattutto nei Dialoghi, fu quella di sistematizzare i secoli di trasmissione orale della tradizione della Cina antica; ma egli non si atteggiò ad innovatore; diceva infatti: Io trasmetto e non creo. Il Confucianesimo, la dottrina che da lui prese il nome e che in Cina è nota come scuola dei letterati, nel corso dei secoli gli attribuì anche azioni o detti che egli non fece o non disse; il suo mito crebbe nel corso del tempo, tanto d diventare un’utopia. Ma già i suoi primi discepoli che trascrivevano i suoi insegnamenti lo veneravano: la locuzione che precede quanto gli è attribuito è Il Maestro disse.

Gli esponenti più eminenti del confucianesimo, Mencio, Xunzi e Zhu Xi, vissero secoli dopo di lui.

A differenza del fondatore del taoismo, Lao Tsu, che è stato una figura leggendaria, la sua prima biografia, abbastanza dettagliata, fu scritta dopo tre secoli dalla sua morte. Nacque nello stato di Lu in un’epoca di grandi trasformazioni politiche e sociali: il potere centrale dell’Impero si stava, infatti, frantumando per l’affermarsi dei principati. Ecco, allora, i primi due elementi su cui riflettere: il primo è la debolezza intrinseca dell’Impero, che, come l’attuale Impero Occidentale, rischiava di andare in pezzi, per cui occorreva una rifondazione culturale dell’Uomo-massa. Il secondo è che questa rifondazione culturale passava dall’interpretazione del Tao di Lao Tsu, profondamente anarchica in cui l’Imperatore era semplicemente il simbolo dell’autogoverno dell’individuo, a quella di Confucio, profondamente difensiva, classista e promotrice di una società di formiche e di regine falsamente egualitarie.

Alla base dell’insegnamento di Confucio è la pratica quotidiana delle virtù. Solo l’uomo virtuoso può amare od odiare ... Colui che si rivolge alla virtù, non odierà. Ma la banalità degli uomini sembra essere rimasta costante dai tempi di Confucio fino ad oggi: Non ho mai visto un uomo che ami la virtù ed odi il vizio. Se uno ama la virtù, non la sostituirà con alcunché. Se uno odia il vizio, si darà alla virtù in modo tale che il vizio non possa contro di lui. Esiste (forse) un uomo che in una giornata adoperi le sue forze per raggiungere la virtù? Io non ho mai visto forza che non fosse sufficiente; forse (un uomo simile) esiste, io non l 'ho mai visto. Tutti gli uomini sono affascinati dall’apparenza, che è il principale nemico della virtù: Non ho mai visto uno che amasse la virtù come si ama la bellezza ( femminile).

La virtù si articola in vari modi.

C’è la bontà-altruismo: alla domanda di un discepolo su cosa sia la virtù il Maestro disse: Uscendo di casa comportati come se vedessi un ospite importante. Fai in modo ( governando) che il popolo (si comporti) come se si celebrasse un grande sacrificio. Ciò che non desideri per te stesso, non farlo agli altri. Nello stato non ci sarà (pertanto) odio, nella casa non ci sarà odio.

C’è l’altruismo-reciprocità: al discepolo Tzu Kung che chiedeva se c’era una massima da poter seguire come legge morale per tutta la vita, Confucio ripeteva: È la reciprocità: ciò che non desideri per te stesso, non farlo agli altri.

La lealtà verso se stessi e verso gli altri, spesso appaiata alla sincerità, è un’altra virtù da praticare: Il Maestro disse: considerate come basilari lealtà e sincerità; non abbiate amici che non siano a voi simili; se sbagliate non vergognatevi di correggervi.

Un’altra virtù è la giustizia, che non è tanto un concetto da imporre mediante l’applicazione di leggi scritte e di punizioni, quanto invece una disciplina morale da seguire quotidianamente. Il Maestro disse: Non praticare le virtù, non spiegare ciò che si è studiato, ascoltare la giustizia e non poterla seguire, non poter cambiare ciò che non è buono, questo mi rattrista.

Un’altra virtù è la cortesia ossequiosa verso la tradizione. Il Maestro disse: Guidate con il governo e regolate con i castighi; il popolo eviterà (i crimini) senza accorgersene. Guidate con la virtù e regolate con la cortesia; avrà consapevolezza e giungerà (al bene). A Lin Fang, che gli chiedeva dell’essenza della cortesia, Confucio rispondeva: Grande richiesta! Per la cortesia è preferibile esser parchi che prodighi; per le esequie è preferibile il dolore all’esteriorità. Ed ancora: Il Maestro entrò nel Grande Tempio e su ogni cosa interrogava. Ci fu chi disse: Chi ha detto che Confucio conosce la cortesia? È entrato nel gran tempio e su ogni cosa ha interrogato. Il Maestro sentitolo disse: Questo è la cortesia! Si comprende così l’attitudine della cultura cinese a studiare l’altro per comprenderlo ed imitarlo migliorandolo. Ed ancora: Servire un principe è dedicarsi alla cortesia, (anche se) gli uomini considerano ciò adulazione.

La cortesia è per Confucio la via d’accesso ad un’altra virtù: la sapienza, che è la curiosità di conoscere. Confucio ammoniva il discepolo Tzu Lu così: Credere di conoscere ciò che non si conosce, questo è conoscere, il che rendeva Confucio simile a Socrate, che partiva dalla propria ignoranza per arrivare alla saggezza svelata dal dialogo. Ed ancora a Fan Ch'ih, che gli domandava che cosa fosse la sapienza il Maestro disse: amare gli uomini. Lo interrogò ancora sulla sapienza e il Maestro disse: conoscere gli uomini.

Innalzare i buoni e abbassare i malvagi , così da poter far in modo che i malvagi divengano buoni. Fan Ch'ih se ne andò ed incontrato Tzu Hsia gli disse: Proprio ora ho visto il Maestro e gli chiesi cosa fosse la sapienza. Mi ha detto di innalzare i buoni ed abbassare i malvagi, così da poter far in modo che i malvagi divengano buoni. Che significa? Tzu Hsia gli rispose: Oh parole ricche (di significato)! L’antico sovrano governando il mondo, scegliendo nella massa scelse un primo ministro che introdusse leggi repressive e i non (dotati di) sapienza ( = i malvagi) furono allontanati. Il buon governo si basa dunque sulla selezione dei più ossequiosi.

Un’altra virtù-cardine per Confucio è la pietà verso i parenti, che completa l’ossequiosità verso i superori: I giovani in casa siano rispettosi dei genitori, fuori casa lo siano dei superiori. Siano diligenti e sinceri, estendano l'affetto a tutti e si uniscano ai virtuosi, Agiscano e se avranno ulteriori forze, allora si dedichino allo studio e alle lettere. La famiglia è dunque il crogiolo dell’ossequiosità che poi si estende alla società: il discepolo Meng I-tzu interrogò il Maestro su cosa fosse la pietà verso i parenti; la risposta fu non opporsi. Poco dopo Confucio narrava la cosa a Fan Ch'ih: Meng I-tzu mi ha posto una domanda sulla pietà filiale ed io gli ho risposto: non opporsi! Fan Ch'ih chiese cosa ciò significasse ed il Maestro replicò: Servire (i genitori) da vivi secondo la tradizione, seppellirli da morti secondo la tradizione e fare sacrifici per loro dopo la loro morte secondo la tradizione. La pietà verso i parenti si estende inoltre a tutti gli anziani in quanto parti del passato: riesaminando l’antico conoscere il nuovo ; così si può diventare maestri. A Meng Wu-pai , che lo interrogava sulla pietà verso i parenti Confucio così rispondeva: i genitori si rattristino soltanto della malattia (dei figli). Ed a Tzu-yu rispondeva invece: La pietà filiale odierna è soltanto poter nutrire (i genitori). Ma se arriviamo sino ai cani ed ai cavalli, tutti questi hanno un nutrimento. Se ( i genitori ) non sono onorati in che cosa consiste allora la differenza? L’amore verso i genitori non si limita all’aspetto materiale, ma implica l’onore, che differenzia l’uomo dalle bestie. A Tzu Hsia, che gli poneva la stessa domanda, Confucio diceva: È difficile! Se c’è un lavoro ed i giovani si assumono la fatica ; se c’è da mangiare e bere e gli anziani si nutrono; questo allora (soltanto) è pietà filiale? Questa pietas per il passato ci rimanda a Gesù, che affermava: Non sono venuto a distruggere il Vecchio Testamento, ma a completarlo. Sorge allora il dubbio: non è che Gesù nella sua lunga formazione prima dei 33 anni sia stato indottrinato anche da qualche maestro confuciano?

L’etica sublime di Lao Tsu e l’amorevole gentilezza di Buddha sembrano scadere nel moralismo e nella medioevale cortesia di Confucio e di Xi? Il crollo dell’Occidente non rischia di farci cadere dalla padella nella brace? Mah! (continua)

Adolfo Santoro

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