Ti pago?! Allora mi appartieni!
di Federica Giusti - venerdì 02 settembre 2022 ore 08:00
Ormai è idea sempre più diffusa che acquistando un bene o un servizio, qualsiasi esso sia, ci si appropri automaticamente di quel bene o di quel servizio, quando non proprio di chi ci cede quel bene o quel servizio.
Mi spiego meglio. Traghetto Corsica-Livorno, una domenica di agosto, 14 del pomeriggio, sole a picco. Dopo ore di attesa per imbarcarci finalmente lasciamo la macchina e andiamo alla ricerca di un posticino in cui fermarci per le quasi cinque ore di viaggio. Siamo la penultima macchina ad entrare e si sa che chi prima arriva meglio alloggia, per cui ci rassegniamo a cercare posti più scomodi ma comunque seduti. Niente da fare, tutto pieno. Ci sta, è agosto. Pazienza. Poi ti giri intorno e vedi che siamo circa una ventina quelli senza posto a sedere, i passeggeri delle ultime sette, otto auto imbarcate. Verrebbe da pensare ad un overbooking, ma se poi guardi meglio scopri l’inghippo. Ci sono persone sdraiate comodamente sui divanetti, una persona in un luogo che può ospitarne quattro. E poi caschi su poltroncine, gambe su altre poltroncine in modo da stare più comodi, su altre sedie borse, valigie, libri, sacchetti. Insomma ci sarebbero posti per tutti, ma nessuno vuole sottrarsi un briciolo di comodità per donarne un po' agli altri. Mi siedo per terra ed osservo. Poi vado al bar e il barista si scusa “per la clientela particolare di luglio ed agosto”, rassegnato. Una voce all’interfono avvisa di occupare solo i posti necessari nell’indifferenza più totale dei tanti seduti. Un signore commenta: “Ho pagato, quindi occupo il posto che voglio!” mentre si rigira ed allunga i piedi e lo zaino sul quinto posto occupato solo da lui.
No, non voglio lamentarmi delle ferie, sono stata benissimo. Quello che, però, mi ha colpita è il desiderio morboso delle persone di avere e pretendere. Sempre e subito. Lo fanno anche per una terapia. Chiamano ad orari improbabili, in giorni improbabili, pretendono un appuntamento oggi per domani e se cerchi di far comprendere che sei in ferie, rientri a settembre, è domenica e non hai l’agenda dietro, ti rispondono pure sostenuti affermando che se volevano aspettare andavano all’Asl, da un privato che pagano pretendono un posto libero immediatamente.
Di nuovo l’idea che se pago allora posseggo.
Inutile tentare di spiegare che se vado al solito discount tutte le settimane non significa che posso avanzare pretese sui suoi orari di apertura, sui prezzi o sulla disponibilità di alcuni prodotti.
Eppure stiamo sempre più vivendo in una società che è spinta a ragionare così. Una società che tollera poco o niente la frustrazione e l’attesa, qualche sano “no!”. Un luogo nel quale il rispetto per l’altro viene visto come debolezza e dove a vincere, spesso, è la prepotenza.
Certo non voglio dire che è così ovunque, quelli che ho fatto sono solo degli esempi, magari al limite ed estremi, per fortuna, però mi spaventa, come professionista e come cittadina, il vento di auto-centrismo che talvolta soffia là fuori.
Fermiamoci e respiriamo. Non possediamo il mondo e va bene così. Cerchiamo di trattare gli altri come vorremmo essere trattati fossimo al loro posto. Sarà banale ma potrebbe davvero essere un modo efficacie e potente per migliorare il clima nel quale siamo inseriti ogni giorno. Proviamo a farci guidare dalla gentilezza anziché dalla prepotenza. Proviamo a pretendere meno e a tollerare di più, imparando a praticare la pazienza. Staremo tutti quanti meglio!
Provare per credere!
Federica Giusti