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RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Cresima & Comunione

di Marco Celati - venerdì 12 giugno 2015 ore 09:13

A Luca & Serena

CRESIMA & COMUNIONE

"Amo', in chiesa ci dobbiamo sposare!" "Ma io non ho fatto né cresima, né comunione..." "Li farai".

Così lei parlò e fece valere le ragioni del cuore. Lui avrebbe voluto obiettare qualcosa circa le sue convinzioni, ma accettò. Del resto "è difficile avere una convinzione precisa quando si parla delle ragioni del cuore, sostiene Pereira". Lui è mio figlio, lei la sua futura sposa.

Si sono trovati per gioco, di quelli che si fanno in rete e poi si chatta e poi ci si conosce nei social e poi ci si frequenta. Stavano lontani: lui toscano, lei campana, in rete non era un problema, non lo è stato nemmeno nella vita. Lui "scendeva", lei "saliva". E non contemporaneamente, ma alternativamente: quando lei saliva lui non scendeva, ma l'aspettava e viceversa. Così si incontravano, altrimenti avrebbero dovuto trovarsi a metà strada o rischiavano di non incontrarsi mai. La prosa rispetto alla poesia è imbarazzante, ma ci siamo intesi. Insomma si sono conosciuti per gioco, si sposano sul serio. Bisogna sempre seguire le ragioni del cuore.

Così questa domenica mattina il figlio era in Duomo con il prete che lo teneva per mano e gli dava i sacramenti, preannunciando coram populo Dei il suo matrimonio con la futura sposa che gli faceva da madrina. Abbiamo scattato foto dal cellulare, le mie sono venute sfocate o mosse, in effetti non riuscivo a mettere a fuoco bene: amici cattolici si congratulavano, alcuni anche in nome del mio compianto padre, come se io e lui avessimo qualche merito in proposito.

In realtà ero imbarazzato e mi sentivo in colpa, la cerimonia mi costringeva a fare i conti con la mia vita disassata: c'erano la mia ex moglie, la mia ex suocera e i loro conoscenti e sopratutto vedevo mio figlio, un uomo, tra neonati battezzandi che riceveva la cresima e la comunione per la prima volta, da grande. Stava in piedi all'altare, solo, sembrava fiero e forse lo era. Io invece ero in imbarazzo e non solo perché soffro di una specie di "autismo relazionale" che le cerimonie acuiscono, ma perché, in fondo, mi sentivo responsabile di non avergli fatto fare cresima & comunione quand'era piccolo. E un po' mi sentivo anche "tradito".

Io ho fatto il cammino opposto, in direzione ostinata e contraria, rispetto a mio padre che era una degna persona ed un cattolico impegnato nella democrazia cristiana: fino all'età adulta sono stato cattolico, poi sono diventato comunista, cattocomunista e poi non più credente, mi sono liberato dai dogmi della religione, ho perso la fede in Dio. In realtà ne ho abbracciata un'altra: la fede nell'uomo e con essa, purtroppo, ho ereditato altri dogmi da cui solo più tardi mi sarei liberato.

Anche mio figlio per amore va in direzione ostinata e contraria, ma nell'altro verso rispetto a me. Ecco, in questo alla fine siamo uguali: tutti e due abbiamo dovuto "uccidere il padre". E così ho capito che ora non sarebbe più stato lo stesso fra noi: che una persona, non di famiglia, ma ad essa acquisita, conterà d'ora in poi più di me nella sua vita. Ma è questa persona che lui ama. E dunque è così che deve essere e così sarà. E così sia.

È buffo perché non sono stato certo un uomo di famiglia, forse neanche un buon padre e non posso pretendere grandi riconoscimenti, però sento lo stesso questo distacco. E lo sento ora.

Eppure ho sempre detto ai ragazzi che è giusto mettere su famiglia, avere una donna accanto, avere figli e non perché ho la vocazione del nonno, tutt'altro. Perché mi piace pensare che siano felici e perché penso che amare, procreare, proseguire la specie, sia un modo di progredire. Una generazione che non si dà futuro, che non ha questa vocazione è una generazione sconfitta e perduta. Che crede o sente, per l'appunto, di avere davanti a sé un avvenire non migliore, ma peggiore del presente in cui si rifugia. Peggiore perfino del passato. E non che non ci siano ragioni per non pensarla così. La crisi che attraversiamo ci interroga pesantemente sul futuro.

Mio padre in punto di morte mi disse "Come è lunga la vita!" Ma tutti nasciamo con l'istinto di sopravvivere e di non morire, pur essendovi condannati: desideriamo consciamente o inconsciamente di "infinitarci" con le nostre azioni, con l'arte, con le opere, con il nostro essere, tramite la memoria. E i più sciocchi e potenti con l'avere, la ricchezza e la scienza genetica. La gente come noi con il semplice, proletario riprodursi. Ma io temevo e temo di aver trasmesso ai figli con la mia condotta il seme del disamore. Speriamo non sia così.

Il Sacerdote nell'omelia ha fatto un discorso bellissimo, mi piace ascoltare le parole di persone di fede: ha parlato della bellezza della comunione delle differenze e del rifiuto delle divisioni e dei conflitti e del peggiore di tutti i conflitti: la guerra. Era la ricorrenza della prima guerra mondiale, l'esordio del mondo sugli scenari bellici con armi di distruzione di massa. Sotto l'altare, vicino alla fiamma pentecostale, venivano battezzati bambini di razze e colori diversi e ridevano e piangevano insieme. Regia e liturgia. Comunità e commozione. Alla fine nell'austero Duomo di colonnati e finti marmi, con in alto il pantheon delle sacre figure dipinte nel dopoguerra dal sindaco comunista della città, un valente pittore impressionista, è scrosciato improvviso un fragoroso e liberatorio applauso.

Ancora qualche foto di rito: quanto noi apparivamo impacciati e fuori contesto, il figlio e la sua ragazza sembravano sereni e compresi nel ruolo. Perché loro si amano e per amore fanno tutto questo: "ama e fai quello che vuoi" diceva Sant'Agostino. Basta intendersi sull'amore: per Dio o per l'uomo, a seconda delle scelte o convinzioni, è sempre amore. E questo è tutto.

La sera siamo andati a cena con i figli, la loro mamma e la nuora, ma non mi piace nuora: è la moglie del figlio. Questa un po' dispersa e un po' nuova famiglia si è riunita per una volta. C'era allegria e una vena di tristezza, tra sfottò e ragionamenti si è parlato delle cerimonie che verranno, dei vestiti della festa: la promessa, il matrimonio secondo l'usanza del sud. E noi diciamo il sud e il nord come se fossimo distanti sulla terra e salire e scendere come se dovessimo scalare una montagna o calarci in un dirupo: siamo uno strano Paese, piccolo in un mondo che avanza.

E quando parlavo, mi dilungavo e non mi ascoltavano più; forse la mia pretesa di attenzione non è pari al ruolo che del resto non ho svolto, forse invecchio e mi perdo nelle memorie e nei rimandi di una storia che non interessa più a nessuno e che nessuno conosce o ricorda.

La mamma della futura moglie del figlio ha un nome bellissimo: si chiama Primavera. Un nome impegnativo a portarlo tutte le stagioni dell'anno. È venuta a trovarci e si capiva che era contenta delle nozze, ma dispiaciuta di "perdere" la figlia che viene in Toscana, lascia la sua casa e la sua terra. L'ha anche detto e mi sono sorpreso. I miei figli non sono "choosy", per dirla con la compassionevole Fornero, si sono laureati, vivono e hanno casa da se' e lavoro per quanto possono. Ma adesso capisco e la verità è che sono un cretino perché alla fine sono "geloso" del figlio che si sposa e prenderà la sua strada: non voglio essere chiamato suocero, ma se dovessi scegliere un nome di stagione, di sicuro il mio sarebbe Autunno.

Pontedera 27 maggio 2015

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati