Questo sito contribuisce alla audience di 
QUI quotidiano online.  
Percorso semplificato Aggiornato alle 15:00 METEO:PIOMBINO11°14°  QuiNews.net
Qui News valdicornia, Cronaca, Sport, Notizie Locali valdicornia
mercoledì 04 dicembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Pensieri in libertà e il compagno Maffei

di Marco Celati - giovedì 30 giugno 2016 ore 09:46

Esiste un rapporto tra professioni e struttura fisica. Un corazziere, ad esempio, deve essere alto e di robusta costituzione: e c'è il suo perché. I corazzieri sono la guardia scelta presidenziale, guardano le spalle al Presidente della Repubblica, simbolo del Paese e, idealmente, di tutti noi. Invece un urologo, sempre per fare un esempio, per accedere alla professione dovrebbe essere di costituzione minuta e quindi avere dita piccole. E pure in questo caso c'è il suo perché. Anche gli urologi guardano le spalle di molti di noi, magari non idealmente, ad esempio per l'esame della prostata di noi maschi adulti. Sennonché guardano un bel po' sotto le spalle. E nel nostro fondo schiena agiscono con il dito in un modo che, se non fosse per ragioni medico scientifiche, andrebbe definito "improprio" o comunque molto azzardato. Questo per la verità avveniva un po' di tempo addietro. Oggi la rivoluzione tecnologica ha reso la cosa meno invasiva e con un'ecografia ce la caviamo. Poi dice il progresso non serve! Invece aiuta eccome e rende migliore la vita. Siano rese lodi al progresso scientifico!

D'altra parte se qualcuno te lo mette in quel posto -si dice anche "te lo tira", forse a definirne l'impeto, io uso "te lo mette", più prudente e riformista- in ogni caso è consigliabile non agitarsi: faresti solo il suo gioco. È bene, anzi, restare impassibili, "mariagorettiani", fischiettare, nel caso, facendo finta di niente: che sarà mai?! O questa? O te? O che dirà la gente? Ma te fai come me, vagli in culo alla gente! Insomma si può anche parlare del più o del meno, però senza dare troppa confidenza. Poi c'è anche a chi piace: sono passioni e tutte le passioni vanno rispettate.

Condividevo la "piacevole" esperienza delle visite prostatiche dal prof. Bernacchi, un grande urologo che fu anche pittore, con il compagno Maffei. Se davvero fosse esistito per gli urologi un obbligo di minuta costituzione, dito compreso, il prof. Bernacchi, uomo assai robusto, avrebbe avuto una deroga per l'esercizio della professione ed è pio e pietoso non aggiungere altro. Con Renzo ci scambiavamo le sensazioni. L'importante, si diceva, è non prenderci gusto. Anche se convenivamo, in spirito di tolleranza, che poi tutti i gusti son gusti. Che bei ricordi! Che bei momenti! La nostra vita da allora non è stata più la stessa.

Con il compagno Maffei condividevamo soprattutto l'esperienza dell'associazionismo democratico: era democratico perché si litigava su tutto, ma alla fine si andava avanti insieme. Una volta litigammo perfino sulle misure delle stanze della sede sociale, come fanno i condomini. Lui ex Lotta Continua e io PCI. Lui rivoluzionario e "visionario" io moderato, riformista e "pompiere". Come si faceva ad andare d'accordo? Eppure funzionava, in qualche modo. E c'era stima. Se Renzo fosse vissuto ora anch'io, rispetto a lui ex Lottatore Continuo, avrei potuto dirmi ex Comunista Italiano. In fondo, nella vita e nel mondo che cambia, tutti si sceglie qualcosa, a volte anche qualcuno, di cui essere ex. Però a lui si devono le cose migliori che abbiamo fatto: l'ArciRagazzi, i Centri estivi, Salaam Ragazzi dell'Olivo, l'adozione a distanza dei bambini palestinesi. Insieme facemmo "Un ambulanza per la Palestina" che coinvolse tutta la città e poi si tradusse in aiuti medicinali che inviammo in quella terra martoriata. Insieme organizzammo l'occupazione dell'ex circolo socialista, in Via Valtriani, una proprietà comunale che il Comune aveva ridotto a magazzino. L'occupammo per rivendicare la necessità di avere sedi per la vita associativa della città. Inscenammo un'inaugurazione con tanto di finto Sindaco e fascia tricolore, nonché valletta con vassoio e forbici per il taglio del nastro. Vennero anche i carabinieri dell'antistante caserma, praticamente occuparono anche loro. Il Sindaco vero per un po' mi tolse il saluto, ma solo per un po'. Poi fece di quella sede un Centro Culturale che in seguito l'Arci gestirà con il circolo cinematografico "Agorà". E quel Sindaco diverrà Presidente della Regione Toscana. Oggi si dice Governatore, ma io preferisco Presidente e preferisco pensare che da allora siamo ancora amici, anche se non ci vediamo quasi mai.

Renzo, il Capitano Maffei, come lo chiamavamo, morì giovane, di un brutto male. Il padre era morto per un fulmine nella campagna dove lavorava. La sua mamma, la mitica Brasilina, faceva un pollo fritto eccezionale: una volta con un pollo dette da mangiare a tutta l'ArciRagazzi della Valdera e non erano tanti, ma nemmeno pochi. Io scelsi o feci poi un'altra carriera, oltre che restare in vita: la malerba resiste, non muore. Non l'ho mai fatto in pubblico per mia colpa o perché non mi si è mai presentata occasione. Fra noi non si usavano commozione o smancerie, però gli rendo omaggio privatamente, oggi a tanti anni di distanza, non voglio ricordare più quanti. Ma voglio ricordare i suoi amori, le sue passioni, la figlia. Chissà perché. Forse perché sono diventato vecchio e da vecchi si cerca di ricordare le persone e le cose migliori. E forse perché nel mio cuore e nel mio ricordo l'ho sempre portato, lui così lontano da me e così vicino. Cos'è che ci legava? Che credevamo, a nostro modo, nel progresso e in un mondo diverso, che pensavamo che questo non fosse il migliore, ovviamente con differenti intensità. E avevamo della società e del "Pubblico" un'idea comune, pur con tante distanze e differenze. E cioè che la società può essere attivata e che il "Pubblico", non è solo ciò che è dello Stato, ma anche ciò che svolge una funzione pubblica, come l'associazionismo e il volontariato. Non furono solo gli anni di piombo, gli anni bui della Repubblica. Furono anche gli anni della partecipazione, della voglia di esserci e di lottare per cambiare e migliorare. Renzo, mi piace dirlo, apparteneva alla classe dirigente del nostro Paese. La classe dirigente non è solo chi governa o chi detiene il potere e le ricchezze, chi comanda insomma, ma anche chi si oppone, critica, propone cambiamenti. In questo senso eravamo classe dirigente, lo siamo stati, chi al governo, chi all'opposizione. E poi ognuno ha preso la sua strada, chi qua, chi là, per la discesa.

Ancora oggi vedo qualcuno dell'Arci Ragazzi. Ci si saluta. Una, la Monica, che quando entrò all'Arci me la ricordavo bionda e poi ritrovai in una manifestazione, scura di capelli. "Non eri bionda?" le chiesi. "Non eri di sinistra?" mi rispose. Così imparo. La crisi del nostro Paese è il venir meno della sua classe dirigente e dei valori, diversi, che dovrebbero animarla.

"La scuola è fatta a scale: c'è chi scende e c'è chi sale. Io prendo l'ascensore e vado in culo al professore". Ecco perché si dice che l'istruzione è "un ascensore sociale" che riequilibra le diseguaglianze. Siamo un popolo di presunti furbi, signorina Tumiturbi. Esiste, a riprova, anche una canzone: "E ancora un'altra estate arriverà e compreremo un altro esame all'università e poi un tuffo nel mare Nazional popolare, la voglia di cantare tanto non ci passerà". Rime e ritmi.

C'è un aforisma di Oscar Wilde: "Mai discutere con un idiota. Ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza". Sta scritto in un foglio appeso nella stanza di un collega dell'azienda dove lavoro. La citazione mi imbarazza e mi diverte, tutte le volte che entro in quella stanza e mi siedo davanti alla scrivania del collega. Devo stare attento a cosa discuto e come: perché, almeno stante l'età, di esperienza ne ho più io.

Troppo tempo è passato, compagno Maffei! E i tempi oggi sono questi. Diversi, un po' furbi e un po' idioti. Anche se non lo sono, per questa parte del mondo sembrano immobili: senza passato, né presente, né futuro. Non so se sarebbero stati i tuoi, non credo. Alla fine nemmeno i miei, nemmeno i nostri. Ma questo è. E il tempo è una variabile dipendente dalla vita, purtroppo: dal privato e dal "sociale". Dalla "politica", in disaccordo avremmo convenuto.

Treggiaia, 11 giugno 2016

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati