Poesie
di Marco Celati - mercoledì 05 agosto 2015 ore 12:36
COSA POSSIAMO
Cosa mai potremmo dare in cambio
di questo tramonto, di questa sera
e di questi pianeti che sorgono vicini
e queste stelle e tutti gli astri ignoti
che solcano il cielo, che sono niente
nell'immenso universo, come noi,
abitanti insani di un pianeta azzurro,
come occhi di ragazze, come il mare.
Potremmo forse offrire in cambio
solitudini e lamenti, vite tortuose
o lineari, potremmo scambiare amore,
procrastinare il male e la morte
che ci affliggono e promettere nascite,
resurrezioni, sacrifici votivi, pregando
le madonne nelle novene d'estate?
No, non possiamo, niente possiamo:
solo stare qui ad assistere in silenzio
al ripetersi del miracolo della natura
che è perfetta nelle sue combinazioni
fisiche, conosciute e sconosciute
che rinnovano davanti ai nostri occhi
il mistero della vita e il suo trapasso.
1 Luglio 2015
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A NESSUNO È DATA QUESTA NOTTE
A nessuno è data questa notte,
a nessuno sono dati questo cielo
e queste infinite stelle ed i pianeti;
di nessuno è l'universo, espanso
fino a dove è impensabile pensare
e le luci lontane dei paesi,
che segnano all'orizzonte le colline,
a nessuno sono date.
Il chiaro dei lampioni della strada
e i fari, che annunciano il passaggio
delle auto sulla carreggiata,
non sono che immagini,
rappresentazioni di contorno
alla scena notturna che ci appare
come lo sfondo di un quadro,
un movimento di noi solo apparente.
Noi che siamo? Che vita vera
è mai questa? Cosa è stato tutto
questo essere e questo divenire,
l'acqua scorsa e mai la stessa
del fiume dove avremmo dovuto
attingere sapere e scienza,
immergendoci e riemergendo
coscienti, nuovi e progressivi?
Questa notte è data a nessuno,
né mia, né tua, perché potessimo
definirla forse nostra, perché
potessimo godere, più del giorno,
del suo fresco e della sua quiete,
senza paure infinite o soprassalti
del cuore per la fiera che appare
o a noi, in agguato, si nasconde.
Questa notte finirà e sarà domani
e nell'ora incerta del passaggio,
da cui sorgono i dubbi ed i pensieri,
scrivo dei sogni e forse nel sonno
già sono scivolato, inconsapevole
e rari e vaghi si sono fatti il tempo
e la ragione, come delle candele le luci
vacillanti e dei grilli le lente cantilene.
6/7 Luglio 2015
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LE CICALE
Il canto delle cicale a metà giorno
rivela che l'estate è nel pieno di sé:
soffoca l'afa l'aria e la terra
ora che il vento mattutino riposa
e ogni cosa è ferma sotto il cielo,
a ridosso della collina dove,
pietosa di noi, si svolge la vita.
È azzurro il cielo e questo frinire
che sfinisce infinito sembra dirci
che siamo anche noi in un quadro
dipinto, un presepe estivo vivente
ed esistere potrebbe avere senso:
stare qui, solo ascoltando il silenzio
che assorda come una musica.
Lasciarsi ispirare, lasciandosi vivere,
aspettando che tutto si plachi,
i rumori dei vicini, la strada,
ogni cosa e persona che porta la vita,
ogni vita che porta ognuno di noi:
solo il concerto delle cicale di giorno
ad assolverci e salvarci dall'essere vivi.
Treggiaia, 11 Luglio 2015
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NOTTE D'ESTATE
Notte d'estate, luna nuova, caldo umido
luci raccolte in cerchio: una piazza,
lo sfondo opaco e oscuro del cielo.
Le strisce luccicanti dei paesi lontani,
da qualche parte il latrato di un cane,
un altro cane risponde e un altro ancora
fa eco, il rumore di fondo è la strada.
Tutto si appiccica addosso, il fastidio
degli insetti e, solo a tratti, una brezza
attraversa il buio, leggera e rinfresca.
Dammi il riposo, offri almeno una tregua
questa notte: anch'io, visto da lontano,
per qualcuno che osserva, non sarò
che una luce che trema e si spegne
e non resterà che il buio e poi niente.
Treggiaia, 16/17 Luglio 2015
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SATIE
È commovente Satie, l'ascolto e scrivo:
pare avesse una segreta stanza
che, aperta, si rivelò piena di ombrelli.
È labile il confine tra vivere e no,
tra la saggezza, la stranezza o la follia.
È niente tutto questo, come le note,
gli arpeggi, come i tasti del piano
che scandiscono un suono ripetuto.
Che malinconia il mare e la spiaggia
dove fummo quell'inverno tempo fa.
Un'onda lambiva la battigia e si ritraeva
lunga e lenta ed un pontile accoglieva
gabbiani, proteso verso l'alto mare.
E non c'era più niente al mondo,
tranne noi e anche noi ci perdemmo
sulla spiaggia a passeggio e mi pare
raccogliendo conchiglie lasciate
dalla mareggiata finché non fu tardi
per partire, per rientrare non so dove,
non ricordo, in qualche albergo forse
lungo la riviera del mare Adriatico.
E c'era tra noi del bene e aspettavamo
che la vita ci prendesse e ci portasse
con sé lungo quel mare, lungo il tempo
che scorre per sempre e oltre,
oltre la noia, più in là del pontile
dove l'acqua si fa più fonda e scura
e i gorghi della corrente insidiosi,
dove l'onda frange e sommerge
il ponte di legno e il vento porta
un odore marino, un sapore salso.
Là eravamo e forse siamo rimasti:
le nostre impronte ancora conducono
chissà dove, chissà dove le anime
verso i loro bei ricordi e le loro pene.
21 Luglio 2015
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GIURAMENTO
Non ho perso l'abitudine di guardare
il volo improvviso degli uccelli,
la fuga dei cipressi sul viale
e posso immaginare ancora
il silenzio nel folto della pineta
e la luce che filtra nella radura.
Amo il mare che si muove
ad onde alterne e quando
si placa e si estende all'infinito.
Non ho perso l'abitudine di ascoltare
il vocio dei ragazzi nella piazza
sul selciato impietrato della chiesa
e il fruscio del vento tra le piante
o lo scroscio della pioggia sopra il tetto.
Non ho perso il vizio di vivere
o semplicemente di resistere alla vita,
conservo ancora rispetto verso i simili
e per i dissimili forse anche di più
e penso che una fabbrica è lavoro
e niente eguaglia la dignità che dà.
Lo giuro qui sulla bellezza del tramonto
sulla bionda distesa dei campi di frumento.
27 Maggio 2015
Marco Celati